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  • 26 Settembre 2017 | Gallery

    VENEZIA: David Hockney, 82 ritratti e una natura morta

      Gabriella Belli

    La mostra dedicata a David Hockney mette al centro della ricerca di Ca’ Pesaro la pittura nella sua più affascinante e antica dimensione: disegno, colore, forma, volume, spazio e tempo.

     

    Nata da un progetto curato dalla Royal Academy of Arts di Londra e condiviso con il Guggenheim Museum di Bilbao e il LACMA di Los Angeles, musei dove la mostra approderà dopo Venezia, l’esposizione “David Hockney 82 ritratti e 1 natura morta”, propone per la prima volta in Italia il lavoro di David Hockney, il più grande artista gurativo del nostro tempo. Geniale pittore d’origine inglese, formatosi tra l’Europa e l’America, Hockney è universalmente riconosciuto come uno degli eredi più coerenti di quella tradizione artistica del Novecento, che ha continuato a scegliere, per esprimere se stessa, la pittura come strumento principe di esplorazione del mondo e della sua rappresentazione.

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    John Baldessari
    “Conosco questo artista da molto tempo. Avevo due giorni per ritrarre John. Ricordo la sua bocca e il fatto che si muoveva poco. Di solito invece è molto mobile.
    Devi sempre scoprire come animare un viso.” 

    Con questa mostra la Fondazione Musei Civici di Venezia accoglie dunque, nelle sale della Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro, una delle più ef caci interpretazioni della ritrattistica contemporanea. Si tratta di un corpus unitario di opere tutte rigorosamente concepite dall’artista come parti di un grande affresco, al cui centro Hockney ha messo il suo interesse e la sua curiosità per la persona, uomo o donna che sia, amico o conoscente, ma sempre e comunque quell’altro da sé, che è scoperta di un’alterità, ma anche di una vicinanza empatica, come in un vero “ritratto di famiglia”.

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    Edith Devaney
    “Edith è un’amica di vecchia data.Abbiamo lavorato insieme per la mia mostra ‘A Bigger Picture’ alla Royal Academy nel 2012, e abbiamo la fortuna di lavorare ancora insieme per questa esposizione.”  

    Ore e ore di posa, senza mai cambiare la scena, hanno creato un unicum di opere di straordinario interesse artistico, “piccole storie inafferrabili” come le de nisce Hockney nella bella intervista pubblicata in catalogo, quasi casi di studio, là dove la sua indagine pittorica, con straordinaria abilità, ha saputo penetrare nella psicologia di colui che vi è ritratto, portandone alla luce le zone d’ombra dell’esistenza, ma ancor più, nel caso speci co, la gaiezza di una relazione spontanea e amicale.

      Barry Humphries

    Barry Humphries
    "Barry è molto conosciuto come Dame Edna Everage"

    Ciò che unisce il pittore al suo modello o alla sua modella è ben riconoscibile sulla tela ed è quel misterioso legame – fatto di turbamenti, emozioni, nascondimenti e rivelazioni – forse ineffabile da dire, certamen“Le persone sono davvero affascinanti, assolutamente misteriose” dice ancora Hockney, spiegando in questo modo il suo desiderio di ritrarle (“non smetterò mai di fare ritratti...”) in una quasi ossessiva ritualità, che le mette in posa su uno sfondo indifferenziato, anonimo, stesso gesto, stessa sedia, dove l’unica cosa che conta veramente è il portare alla luce l’essenza della loro umanità. La forza del disegno prima, e quella del colore che si aggiunge, fanno il resto.

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    Rufus Hale
    "Lui è Rufus, un ragazzino di undici anni, che ho proprio voluto ritrarre. E' il figlio di Tacita Dean e Methew Hale".

    .Questi ritratti sono più vivi che mai, anche se talvolta sembrano sospesi in un’aura immagini ca, quasi fossero, nello stesso tempo, reali ed evanescenti, veri o sospesi nel tempo. Ancora una volta Hockney ci regala attraverso queste gure così potenti, nella loro statuaria bellezza e verità, e nello stesso tempo così da lui “partecipate”, un nuovo punto di vista della nostra vita contemporanea, che si aggiunge alle altre sue narrazioni di metropoli, città, campagna, paesaggio, dolori, gioia, nostalgia, sole, luce, aria, buio: tutto il mondo che sta nelle sue tele e che abbiamo imparato ad amare.

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    Jacob Rothschild
    "Ho detto che avrei potuto ritrarre Jacob in due giorni se fosse venuto, pensavo di riuscirci. Invece con un terzo giorno il lavoro sarebbe venuto po' meglio. credo".

    Il più sentito grazie della Fondazione va a quanti hanno collaborato per la realizzazione di questa mostra e in particolare all’artista, che ha accettato il mio invito a esporre a Venezia, al suo staff, alla Royal Academy of Arts di Londra e alla curatrice Edith Devaney. Un grazie anche al team di Ca’ Pesaro, a Elisabetta Barisoni e ai suoi collaboratori, che hanno nel migliore dei modi organizzato questa importante iniziativa.(1)

    (1)- Gabriella Belli, dalla cartella stampa di presentazione della mostra.