Alimenti biologici: qualità nutrizionale, sicurezza e riflessi sull'ambiente
Nel corso degli anni il numero di pubblicazioni scientifiche basate sul confronto di caratteristiche della qualità e della sicurezza tra prodotti biologici e convenzionali è andato crescendo.
Tuttavia, esaminare i risultati di questi studi per trarne delle conclusioni generali è un compito proibitivo, perché:
a) troppo diverse sono le condizioni adottate in ciascuno di essi;
b) l’impostazione sperimentale della stragrande maggioranza degli studi soffre di limitazioni, tra cui la principale è la durata, generalmente troppo breve per poter escludere tra i fattori in grado di influenzare i risultati l’effetto della stagionalità, per esempio.
Comunque, nel caso dei prodotti vegetali la letteratura scientifica permette di evidenziare alcune tendenze relativamente alla qualità nutrizionale.
Per esempio, i prodotti biologici contengono spesso più vitamina C rispetto ai convenzionali. In termini di macronutrienti, molti lavori riportano una percentuale inferiore di proteine nei cereali biologici, dovuta all’utilizzo del concime organico e conseguente minore disponibilità di azoto, costituente fondamentale delle proteine, rispetto ai fertilizzanti di sintesi.
Le sperimentazioni condotte in anni recenti hanno tuttavia permesso di individuare sia le condizioni migliori di coltivazione, che le varietà di cereali che meglio si adattano al metodo di coltivazione biologico, al fine di avere produzioni con livelli di proteine tali da garantire l’ottenimento di prodotti trasformati di qualità.
E’ noto che l’effetto protettivo degli ortofrutticoli nei riguardi di patologie quali cancro, malattie cardiovascolari, diabete viene attribuito anche alla presenza in questi alimenti di metaboliti secondari, come i composti fenolici, che hanno la capacità di contrastare l’azione dei radicali liberi (capacità antiossidante), ritenuti responsabili dell’insorgenza di tali malattie.
Questi metaboliti vengono prodotti dalle piante come risultato di meccanismi naturali di difesa. Dato che il metodo biologico non consente l’uso di pesticidi e di presidi chimici per la difesa da infestanti e malattie, è possibile ritenere che i vegetali da agricoltura biologica siano più ricchi di tali composti.
Oramai sono presenti in letteratura numerosi lavori scientifici (ad es. su pomodoro, pesca, fragola, uva, susina, kiwi, spinaci, cipolla, cavolo) dai quali emerge con grande frequenza che, in effetti, gli ortofrutticoli biologici sono più ricchi di questi composti.
Spesso si dice che in realtà sia difficile, se non impossibile, confrontare i livelli di metaboliti secondari tra prodotti ortofrutticoli biologici e convenzionali, dal momento che è stato ripetutamente dimostrato che le differenze tra le varietà sono superiori a quelle tra piante della stessa varietà coltivate in condizioni diverse.
Tuttavia, anche se le differenze di genotipo sono causa di grande variabilità all’interno di ciascun sistema, un effetto più piccolo ma sistematico delle condizioni di coltivazione può significativamente influenzare il livello medio di questi composti, anche se l’ampiezza della differenza è molto difficile da prevedere.
Alcuni anni fa si è chiuso il progetto di ricerca europeo “Quality of Low Input Food”, che ha visto impegnati numerosi centri di ricerca e che si è protratto per cinque anni.
Le coltivazioni oggetto dello studio (frumento, patata, cavolo, lattuga) sono state perciò seguite per un tempo sufficientemente lungo, aspetto che dà maggiore fondamento alle conclusioni raggiunte, che sono state: i prodotti convenzionali erano caratterizzati da un maggior contenuto di proteine e vitamina E (frumento), carotenoidi (patata, cavolo, lattuga) e alcaloidi (patata), mentre quelli biologici da un maggior livello di acido fitico (frumento), composti volatili (patata), composti fenolici (patata, cavolo), glucosinolati e vit C (cavolo).
Come recita il Regolamento CE n. 834 del 2007 che regola il settore del biologico, “La produzione biologica è un sistema globale di gestione dell’azienda agricola” che deve essere in grado di produrre al suo interno ciò di cui ha bisogno. Questa è la ragione per cui spesso nelle aziende agricole biologiche si allevano animali, le cui deiezioni possono essere usate per soddisfare il fabbisogno di sostanza organica e di elementi nutritivi necessari al suolo per migliorarne le condizioni strutturali e la fertilità.
La zootecnia biologica prevede che gli animali abbiano accesso agli spazi aperti e al pascolo ogni volta che sia possibile. Quindi l’alimentazione degli animali allevati in modo biologico si basa sul pascolo per gran parte dell’anno e, nel periodo in cui questo non è possibile, è integrata in stalla con fieno e concentrati.
L’alimentazione degli animali ha un ruolo fondamentale nella composizione del latte che producono, determinando sia i composti principali, come i grassi e, in misura minore, le proteine, che quelli minori. Questo ha rilevanza soprattutto per gli animali di piccola taglia (pecore, capre) che proprio dal pascolo traggono una grande ricchezza compositiva del latte in termini di componente aromatica e di molecole utili per il benessere umano (vitamine, isomeri coniugati dell’acido linoleico, antiossidanti ecc.).
In particolare, la composizione in acidi grassi del latte dipende da diversi fattori tra loro collegati:
a) quasi tutte le piante che compongono il pascolo contengono alte concentrazioni di acido linoleico e linolenico, che poi si possono ritrovare nel latte;
b) la presenza di un numero consistente di foglie del pascolo influenza il contenuto di acido vaccenico;
c) se il pascolo si trova nella fase vegetativa o in quella riproduttiva può variare il contenuto di acido linoleico coniugato (CLA) nel latte. Tenendo presente che ci sono anche variazioni stagionali nella concentrazione di questi acidi grassi, appare comunque evidente, ed è stato accertato scientificamente, che la composizione del latte differisce in modo sostanziale tra gli animali allevati in stalla e quelli al pascolo e, quindi, questa differenza è possibile riscontrarla anche nel latte di animali da zootecnia intensiva o biologica/estensiva.
L’alimentazione influisce anche sul contenuto nel latte di molecole con capacità antiossidante, quali carotenoidi e tocoferoli. Tra le diverse essenze botaniche che normalmente compongono il pascolo, la Dactilis glomerata e il Lolium perenne contengono concentrazioni importanti di carotenoidi (luteina e β-carotene), la cui concentrazione è quindi maggiore nel latte degli animali allevati al pascolo. Un apporto più alto di β-carotene determina anche la maggiore presenza di retinolo nel latte di animali allevati o condotti al pascolo.
La sicurezza
Come facilmente intuibile, la contaminazione da residui di fitofarmaci è di gran lunga inferiore nei prodotti biologici rispetto ai convenzionali.
In agricoltura biologica l’uso di queste sostanze è proibito e le contaminazioni comunque riscontrate nella letteratura scientifica possono dipendere da cause diverse dall’uso diretto (attraverso il suolo, l’acqua, l’aria).
Secondo alcuni sarebbe discutibile enfatizzare questo tipo di differenza, perché nei prodotti convenzionali la contaminazione da pesticidi è generalmente ben al di sotto dei limiti previsti dalla legge. Tuttavia, il problema non è soltanto la contaminazione a livelli superiori ai limiti stabiliti dalla legge, quanto avere i prodotti contaminati da più sostanze contemporaneamente e non conoscere gli effetti di queste combinazioni.
Essendo proibito l’uso di fertilizzanti di sintesi, nei vegetali a foglia, radici e tuberi coltivati con il metodo biologico i livelli di nitrati risultano in genere più bassi che nei convenzionali.
I contaminanti chimici degli alimenti che derivano dall’inquinamento ambientale (metalli pesanti, diossina, radionuclidi, policlorobifenili (PCB) possono costituire seri rischi per la salute.
E’ generalmente accettato che l’inquinamento persistente nel suolo di idrocarburi clorurati e di certi metalli pesanti non può essere evitato attraverso le pratiche agronomiche. Inoltre, alcuni di questi contaminanti (per es., i PCB) sono presenti anche nell’aria a varie concentrazioni. Perciò la presenza o l’assenza e la relativa quantità di questi agenti tossici negli alimenti dipende principalmente da dove è situata l’azienda agricola.
Le micotossine sono sostanze con attività carcinogenica prodotte da alcune muffe.
L’attacco della muffa e la contaminazione da micotossine nei prodotti biologici e convenzionali, in particolare i cereali e derivati, è un tema di dibattito molto vivace.
Dal momento che nell’agricoltura biologica non è permesso l’uso di fungicidi, sarebbe lecito aspettarsi una maggiore suscettibilità dei prodotti vegetali all’attacco delle muffe e, di conseguenza, una contaminazione maggiore da micotossine.
Le ricerche finora condotte hanno dato però esisti contrastanti che non permettono di trarre conclusioni definitive.
Certamente su questo tipo di contaminazione hanno una forte influenza la posizione geografica dell’azienda agricola, le condizioni climatiche ed il periodo di raccolta. Inoltre, relativamente ai cereali, va tenuto presente che solo una minore contaminazione da micotossine può avvenire prima della raccolta; la principale causa di sviluppo delle micotossine sono le cattive condizioni di conservazione nel post-raccolta (elevata umidità).
Per quanto riguarda il settore zootecnico, negli allevamenti biologici il bestiame è alimentato al pascolo e con mangimi prodotti con metodo biologico. Di conseguenza è ipotizzabile che alcuni tipi di contaminazione (residui di pesticidi, sostanze chimiche di origine agricola e industriale) siano ridotti rispetto all’allevamento convenzionale. Resta invece il dubbio di una possibile maggiore contaminazione dalle micotossine dei mangimi biologici. Ad oggi comunque il contenuto di micotossine del latte biologico non è risultato ai controlli più elevato di quello del latte di diversa produzione.
La somministrazione di medicinali veterinari (antibiotici, ormoni della crescita) è un altro aspetto importante: l’allevamento degli animali con il sistema biologico limita l’uso di medicine allopatiche di sintesi, pur ammettendo in specifiche condizioni l’uso di vaccini. Nel sistema biologico la salute dell’animale deve essere garantita principalmente attraverso misure preventive come una appropriata selezione delle razze, una dieta bilanciata, un ambiente favorevole specialmente in termini di bassa densità di animali per unità di superficie.
Attualmente esistono poche informazioni sulla trasmissione di microrganismi patogeni negli allevamenti biologici. La prevalenza e l’intensità delle infezioni da parassiti sembrano più alte negli animali (suini, ovini, pollame) allevati con metodo biologico; tuttavia gli studi non hanno ancora fornito un’evidenza sperimentale significativa. Relativamente ad altri rischi per la salute umana, come tossine vegetali, pesticidi biologici e microrganismi patogeni, gli studi sono molto limitati ed i risultati non permettono di trarre delle conclusioni generalizzate.
L’ambiente
E’ noto che il sistema agroalimentare è ritenuto uno dei maggiori imputati dello stato di degrado del nostro ecosistema.
In particolare, la responsabilità maggiore è attribuita all’uso di pratiche agricole intensive, basate sull’impiego di fertilizzanti e pesticidi, che ha portato alla perdita di ricchezza nelle specie presenti nei territori agricoli (biodiversità), alla desertificazione, all’inquinamento delle acque, all’introduzione nell’atmosfera di quantità sempre maggiori di gas ad effetto serra con i conseguenti cambiamenti del clima.
Si ritiene, quindi, che l’adozione di pratiche di agricoltura biologica possa avere degli effetti positivi al riguardo.
In effetti ci sono studi che dimostrano un miglioramento sia qualitativo che quantitativo della biodiversità (uccelli, insetti predatori, piante e organismi del suolo) nei territori con aziende biologiche.
Molto interessante è il fatto che con l’agricoltura biologica sia stato riscontrato un incremento quali-quantitativo degli organismi del suolo. Va infatti ricordato come le forme di vita che si trovano all’interno del terreno (batteri, funghi, attinomiceti, protozoi, artropodi) rappresentino oltre il 95% della biodiversità dell’intero pianeta.
Inoltre, la microflora presente nel suolo è quella che maggiormente influisce sulle proprietà del suolo stesso e, in particolare, sulla fertilità.