Il tempo, il clima, la crisi ambientale
Il termine tempo e il termine clima spesso vengono usati indifferentemente, come se fossero intercambiabili, ma in realtà hanno significati ben diversi.
Non so bene chi l’abbia scritto, ma sicuramente aveva un eccezionale potere di sintesi l’autore di questo che potremmo definire un aforisma: “il clima è tutto quello che è successo fino a oggi, il tempo è quello che vi beccate domani”.
Non si potrebbe dire meglio.
Se ci pensate bene, otteniamo subito un risultato molto importante, e altrettanto trascurato: quello che succede oggi, o domani, o la prossima settimana, può non dipendere dal clima e sicuramente non lo modifica.
Il clima è una media di tutti i “tempi” che si sono susseguiti fino a ora, ecco perché il tempo di un giorno non ha “peso”, non più di quanto ne possa avere sull’età media degli italiani il sostituire, che so, un bambino con un anziano.
Questo non significa che il clima non possa cambiare, anzi lo fa continuamente, e lo ha sempre fatto, o se preferite lo ha fatto da sempre, ma… molto molto lentamente.
I cambiamenti climatici del passato, e intendo del passato remoto, remotissimo, delle ere geologiche, sono sempre avvenuti nell’arco di migliaia di anni: fra una glaciazione e una de-glaciazione passavano normalmente circa ventimila anni.
Ed ecco un altro punto fondamentale: è bastato un secolo (in realtà anche meno) per avere segni evidenti di un cambiamento climatico, quali quelli che stiamo sperimentando oggi.
Quindi il problema non è che sia in atto un cambiamento climatico, è che questo cambiamento è, rispetto ai tempi normali, rapidissimo.
Il riscaldamento del pianeta è infatti attualmente accettato anche da coloro che fino a ieri lo negavano: solo che ancora non lo attribuiscono all’aumentato effetto serra. Ma è solo questione di tempo…
Facciamo un piccolo inciso: l’effetto serra, cioè la capacità dell’atmosfera di trattenere parte del calore che il Sole fornisce alla Terra (e che altrimenti si disperderebbe nello spazio), non sarebbe in sé negativo, anzi: è proprio ciò che consente la vita sulla Terra. Sulla Luna non c’è atmosfera e le temperature, senza effetto serra, variano fra i 110 °C di giorno e i meno 150 °C di notte… poco confortevole! È l’eccesso di effetto serra a essere negativo, perché produce un riscaldamento che provoca cambiamenti del clima.
Ma in cosa consiste esattamente un cambiamento climatico? Spesso si sente parlare di un riscaldamento di circa 1 grado avvenuto nel secolo scorso, e prospettive (possiamo chiamarle rischi?) per quello in corso di aumenti fra i 4 e i 6 gradi. E allora occorre precisare un altro importante punto: un riscaldamento di 4-6 gradi non significa che avremo un clima simile a quello che conosciamo, ma soltanto di qualche grado più caldo. Certo, farebbe più caldo d’estate e questo potrebbe essere un problema, ma farebbe anche più caldo d’inverno… e sai che risparmi sul riscaldamento! Purtroppo non funziona così.
Il clima è un sistema molto complesso e molto delicato nei suoi equilibri: cambiare, anzi direi proprio stravolgere, il suo parametro fondamentale, cioè la temperatura, significa far “saltare gli schemi”, come si dice nelle cronache calcistiche: ovvero, superato un certo limite, nulla funziona più come prima.
Nulla funziona più come prima. Vi rendete conto di cosa significa questo?
Altro che “non ci sono più le mezze stagioni”… che fra l’altro non ci sono mai state.
Saltano i normali meccanismi dei cambiamenti di stagione, saltano le normali distribuzioni delle precipitazioni… in una parola, aumentano i cosiddetti “eventi estremi”. La quantità annua di precipitazioni in alcuni casi potrebbe anche restare uguale ma, appunto, cambiare nella sua “distribuzione”: cioè potrebbe piovere meno volte, ma molto di più per ciascuna volta.
Non occorre andare lontano per averne esempi drammaticamente evidenti, anche al netto delle responsabilità o, meglio, delle irresponsabilità umane.
Eventi estremi possono essere anche estati estremamente calde o inverni estremamente freddi, o anche viceversa, perché eventi “freddi” non dimostrano affatto che il riscaldamento non ci sia: pur nel peggiore degli scenari futuri, si avranno zone della terra più fredde di ora, anche se prevarranno quelle che diventeranno più calde: il pianeta non si riscalderà in maniera uniforme.
Nei tempi preistorici, quando il clima diventava meno sopportabile, i popoli, nomadi, si spostavano più a nord o più a sud, a seconda del bisogno.
Ma oggi cosa facciamo, spostiamo le città? La nostra società non è affatto flessibile, è “rigida”: è certo resistente, e si difende aumentando il riscaldamento o il condizionamento degli edifici, e questo contribuisce a peggiorare ulteriormente la situazione, prima o poi.
E a proposito di prima o poi, è facilmente comprensibile come, per “smuovere” il clima, si debbano modificare le caratteristiche di tutta l’atmosfera, che è smisurata e quindi presenta anche una notevole inerzia a cambiare. Ma potremmo dire che l’atmosfera non dimentica, anche se le sue “vendette” sono sempre servite fredde: con questo intendo dire che, secondo alcuni studi, fra la nostra “azione” di immettere più gas serra (quelli che provocano l’effetto serra: anidride carbonica da combustione e vapore acqueo principalmente) nell’atmosfera e la “reazione”, vale a dire il suo conseguente cambiamento, possono passare anche alcune decine di anni.
Se ci pensate è una cosa terribile. I mutamenti di oggi potrebbero essere il risultato dell’inquinamento degli anni Settanta: e se pensate a quanto sia aumentato l’inquinamento da allora a ora (pensiamo solo alle auto…), cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi trenta o quarant’anni? Niente di buono, temo.
È come se fosse già troppo tardi. Come se fosse inutile ormai parlare di cosa si deve fare, mentre in realtà dovremmo parlare solo di quello che avrebbe dovuto essere già stato fatto.
Naturalmente non è inutile cercare di arginare questa lenta marea che avanza: bisognava impedire che cominciasse, o essere tempestivi nel contrastarla. Tuttavia, oggi come oggi, non ci si può comunque arrendere, non si può non fare nulla, perché tutti abbiamo o avremo figli, nipoti. Per loro dobbiamo fare, fare, fare… perché gli uomini non hanno avuto la terra in regalo dai propri padri, l’hanno avuta in prestito dai propri figli.
Un altro aforisma che dovremmo ripeterci almeno una volta al giorno: non è mio, naturalmente, pare sia un detto africano, forse keniota.
Vi sembra un quadro troppo apocalittico? Certo, ho messo insieme molti (non tutti) punti critici, molte considerazioni negative, per così dire. Ma sono dati, sono fatti, non sono teorie o fantasie, e se ne fosse vera solo la metà… saremmo lo stesso nei guai.
Qualcuno ha detto che il pessimista è un ottimista bene informato…ma si può far finta di nulla? Blaise Pascal disse che “l’uomo corre verso il baratro, dopo essersi messo davanti agli occhi qualcosa per impedirsi di vederlo”…vi ricorda qualcosa?
Ma, se pure a proposito di altro, formulò anche quella che va sotto il nome di “scommessa di Pascal”: Cosa rischio, se non è vero? Cosa rischio, se è vero?
E noi cosa rischieremmo imboccando la via del risparmio energetico, per esempio, se poi non fosse l’inquinamento la causa del cambiamento climatico?
Avremmo risparmiato… E se invece continuassimo a inquinare, e questa fosse davvero la causa di un clima impazzito? Pensiamoci…
E siccome sono sicuro che non vi aspettate in chiusura una parola di speranza, un “happy end”, vorrei ricordarvi che se oggi le previsioni del tempo (per inciso, meritano tale nome solo quelle fino a 5-7 giorni) sono tutto sommato piuttosto affidabili, è perché negli ultimi decenni computer sempre più potenti e programmi sempre più evoluti hanno dato i loro frutti.
Tutti sappiamo che i computer sanno solo quello che gli abbiamo “detto” noi, e noi abbiamo comunicato certi schemi di funzionamento dell’atmosfera finora consolidati. Finora. Se, come detto, “saltano gli schemi”, le regole cambiano, e il risultato delle elaborazioni dei computer potrebbe essere non più così soddisfacente. È come se avessimo insegnato al computer a giocare a dama e da domani si iniziasse a giocare a scacchi: dovremmo insegnargli di nuovo tutto, e questo non si fa certo in un giorno.
Non si parla molto di questo aspetto, ma la morale è che, oltre al danno di un tempo impazzito, come se non bastasse potremmo avere la beffa di non avere più le buone, vecchie, affidabili previsioni di una volta, proprio quando sarebbero più necessarie…
A chi possiamo affidarci? Esistono meccanismi di reazione detti “a feedback negativo”: significa che le conseguenze di una certa azione sono tali da bloccare o cancellare l’azione stessa. Se volete un esempio banale, basta mettere una fiamma sotto un blocco di ghiaccio: questo, sciogliendosi (bisognerebbe dire “fondendo”), spegnerà la fiamma che lo ha fatto sciogliere. Una specie di boomerang, insomma.
Chissà se la vecchia Terra saprà inventarsi qualcosa del genere…