CARMEN BIFRONTE
Nella storia della musica vi sono opere-manifesto. La serva padrona di Pergolesi lo è per l’opera buffa; Carmen lo è per l’opera realista. Proprio l’opera più fortunata di Georges Bizet è un punto fermo a cui hanno fatto riferimento i successori, i veristi italiani soprattutto. Spesso tale aspetto di esemplarità è diventato riduttivo, per non dire fuorviante. Ciò è sicuramente il caso di Carmen, in cui la nozione operistica ha prevalso sull’originale nozione letteraria
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Infatti è raramente presente alla memoria che il personaggio e la relativa vicenda sono tratti da una novella di Prosper Mérimée. Ora, a parte le differenze di situazione che portano la protagonista a morire in una landa desolata anziché nella piazza antistante all’arena da dove salgono i suoni e i rumori della corrida, il “realismo” dello scrittore francese si esplica nella distanza in cui si pone come autore rispetto al racconto. Ciò che prevale è la rappresentazione di un mondo di miseria, con attenzione ai particolari considerati come qualcosa di distaccato.
Cosa passa di tutto ciò nell’opera? Il particolare certamente, ma piuttosto come elemento accattivante di colore, e l’idea del quadro d’ambiente nelle scene corali. Ciò che però è diventato il connotato dell’opera realistica (la passionalità, la crudezza espressiva, gli effetti brutali), da elemento caratterizzante si trasforma in fattore di coinvolgimento emotivo dell’autore stesso e del pubblico. Il risultato è un accorciamento drastico della distanza della rappresentazione dal fruitore, in cui prevale l’appello al senso di partecipazione alla vicenda, un rapporto viscerale in cui si perde l’oggettività, cioè conseguendo proprio il contrario di ciò che si intende per realismo.
In verità l’apparizione dell’opera di Bizet vanta ben altre ragioni oltre a quelle di trapiantare in campo musicale un concetto letterario. Essa è anche una risposta all’eccesso prodotto dal wagnerismo e dall’area estetica del simbolismo. Se una gran parte della società culturale del tempo era stata incantata dallo spiritualismo e dai valori ineffabili di un messaggio al limite dell’esoterico, per reazione la parte più disincantata di questa società venne a prediligere la rappresentazione concreta del reale. Ciò non avveniva solo per quanto riguarda l’oggetto della rappresentazione, ma anche nel modo diretto, immediato, anti-intellettualistico di darle forma.
Di lì la funzione dissacrante dell’uso delle danze popolari in Carmen. In questo senso l’opera di Bizet è una delle prime risposte ai bisogni della nuova società di massa.