Honegger cinematografico
Arthur Honegger affermava: “Coloro che non sono né direttori di conservatorio, né professori, né giornalisti, né direttori d’orchestra in teatro o alla radio non hanno che un solo sbocco: il cinema”. Così il compositore svizzero rendeva ragione di un’attività che sull’arco di quasi trent’anni l’aveva portato a collaborare musicalmente a trenta film, cinque documentari e due disegni animati.
In verità se c’è un musicista di primo piano del Novecento per il quale la collaborazione al cinematografo non è stata accidentale, e comunque da relegare pudicamente in un remoto quanto discreto angolo dell’elenco delle opere, questi è appunto Honegger. Il fatto che il suo primo approccio al cinema avvenisse nel 1923, quando Abel Gance gli chiese di comporre la musica per La Roue, ne riporta la motivazione agli interessi che la generazione dei musicisti parigini di quel periodo manifestavano per l’arte cinematografica: Le Boeuf sur le toit (1919) di Darius Milhaud porta come sottotitolo “Cinéma-Phantasie”, mentre nel 1924 Erik Satie avrebbe composto la musica per Entr’acte di René Clair. Benché legata a ragioni di ‘sostentamento’ l’attività cinematografica di Honegger presenta quindi caratteri organici radicati nel recupero della concezione funzionale della musica, rivendicata dagli artisti più intensamente impegnati a rompere con i principî che avevano retto l’estetica romantica.
Arthur Honegger e Abel Dance
È certo ormai che nelle musiche da film di Honegger non troviamo solo la presenza dell’artigiano indotto dalle circostanze a guadagnarsi il pane in modo umile, ma un artista completo che anche in tale dimensione (per certi versi soprattutto in questa) veniva a cercare e a trovare le risposte alle ipotesi di un nuovo ruolo del musicista nella società moderna. D’altra parte egli non si applicò al cinema senza porsi i problemi estetici fondamentali legati a questa attività e senza trasmetterli agli altri.
Già nel 1931 scriveva: “Il montaggio sonoro cinematografico è fondato su un principio interamente diverso della composizione musicale. Questa appartiene alla continuità ed esige uno sviluppo logico. Il montaggio cinematografico appartiene ai contrasti e alle opposizioni”.
Un altro elemento importante è sottolineato dal compositore: “Il film sonoro può completare molto bene la musica dandogli il senso del reale. Poiché la musica è attualmente l’arte meno provvista di senso del reale”.
È riconosciuto dunque un rapporto di complementarità tra le due espressioni artistiche capace di portare ad arricchimento, anziché (come è d’uso pensare) a impoverimento.
Purtroppo la verifica di tale situazione non è semplice: la maggior parte dei film musicati da Honegger non è più in circolazione e, anche se lo fosse, è difficile sensibilizzare il pubblico e i critici a questi problemi.
Comunque in qualche modo vi ha provveduto il disco, grazie all’azione di Adriano Baumann per quanto riguarda la ricostruzione dei brani composti da Honegger per Napoléon (1927) di Abel Gance, l’ouverture à La Roue, la suite da Les Misérables (1934) di Raymond Bernard e le due suites da Mermoz (1942) di Louis Guny.
Innanzitutto è importante sottolineare come, con tutte le necessità di adattamento alle situazioni, non venga mai meno il rigore stilistico di Honegger, la sostanza di un discorso riccamente articolato nelle moderne estensioni ‘dissonanti’. In secondo luogo vi si conferma appunto l’acquisizione “realistica” della musica, il suo parlare per immagini (bellissima è la panica spaziosità dei cieli nella scena aviatoria di Mermoz e la relativa incitazione drammatica della tempesta), nonché l’uso della citazione come visione sonora che con massimo di evidenza plastica combina in doppio contrappunto nel finale di Napoléon “La Marseillaise” con il “Ça ira”.