VARIAZIONI DI BRAHMS
Schumann, il quale in un certo senso può essere considerato lo scopritore di Brahms avendogli dedicato nel 1853 un famoso articolo sulla “Neue Zeitschrift für Musik”, è noto anche per aver intravisto nelle sonate per pianoforte di Brahms delle «sinfonie in potenza».
In realtà Brahms, anche se iniziata anni prima, non completò la sua prima sinfonia che nel 1876 quando già aveva raggiunto i 43 anni. Precedentemente i suoi assaggi orchestrali, se così li possiamo chiamare, si riducono a poche occasioni: il primo concerto per pianoforte e le due serenate op. 11 e op. 16. Per quasi vent’anni quindi la sua attività compositiva fu circoscritta alla musica da camera e ai Lieder.
Il dato statistico tradisce immediatamente un carattere fondamentale della sua personalità schiva e lontana da ogni forma di estroversione. Liszt ad esempio, il quale fu fecondo compositore, non scrisse un pezzo di musica da camera e infatti non ce lo immaginiamo nell’intimità raccolta, campione come fu di un romanticismo di battaglia che esigeva fin dal principio altre forme di comunicazione. Brahms del romanticismo incarnava l’aspetto opposto, quello dell’introversione. Così quando per lui venne il momento dell’orchestra, ciò non avvenne per proclamare messaggi altisonanti, ma semplicemente come naturale sviluppo, come estensione di un discorso rigorosamente controllato. Rigore e pudore sono forse i termini più appropriati per definire la sua musica: ricerca continua di un senso da dare all’attività compositiva, ricerca di un equilibrio, di una logica formale che inquadrano un sentimento (un’espressione) più lirico che drammatico.
Johannes Brahms a vent'anni (1853)
Dalla natìa Amburgo e dopo aver vagato qua e là per la Germania, probabilmente Brahms si stabilì a Vienna proprio per ritrovare lo spazio di questa intimità. Brahms non approdò a Vienna per conquistarla (come fu il caso di Beethoven), ma per lasciarsi conquistare da una città che nella seconda metà dell’Ottocento tendeva a chiudersi sempre più sul suo aureo passato classico.
Casa di Brahms a Vienna
Brahms rappresenta dunque del romanticismo un momento di crisi: la difficoltà a guardare fiduciosamente verso l’avvenire. Lo indicano chiaramente le Variazioni su un tema di Haydn (1874) che fanno ricorso alla variazione, a una tecnica compositiva desueta. Il tema di Haydn gli era stato fatto conoscere nel 1870 dal musicologo Carl Ferdinand Pohl: si trattava in realtà di un antico cantico di pellegrini chiamato “Corale di Sant’Antonio”, che Haydn aveva usato in una delle sue partite per strumenti a fiato.
È già significativo il fatto che il corale sia riprodotto all’inizio senza nessuna sostanziale alterazione della strumentazione originale, con 2 oboi, 2 corni, 3 fagotti a cui si aggiungono violoncelli e contrabbassi che raddoppiano la voce del controfagotto.
Brahms tradisce dunque uno chiaro rispetto del modello.
Ma il fatto più interessante è che questo antico corale, filtrato attraverso Haydn, non è un semplice pretesto per le variazioni che seguiranno. Il compositore se ne appropria fin dall’inizio, si immedesima in questa manifestazione di candida religiosità, al punto da farcelo apparire come qualcosa di suo; e ce lo indica la somiglianza con il tema dell’ultimo tempo della sua prima sinfonia che è un tema originale pure esposto da una stessa combinazione di strumenti a fiato, con lo stesso andamento e con la stessa espressione disadorna.
Le otto variazioni e il finale sviluppano alternativamente due direzioni del tema: la prima fondata sui riferimenti armonici, la seconda sull’elemento orizzontale, lineare, desunto dalla condotta del basso. Ma, al di là di questa struttura alternata, possiamo riscontrare un altro tipo di organizzazione: le prime tre variazioni hanno in comune la stessa battuta (2/4) e il tempo veloce, formano cioè un primo gruppo omogeneo.
Partendo da questa costatazione qualcuno ha voluto vedere sull’arco di tutta la composizione, una sottintesa distribuzione in quattro movimenti, come in una sinfonia. Il primo movimento sarebbe rappresentato dalle citate prime tre variazioni. Il secondo dalla variazione quarta che è effettivamente un Andante, che muta il tempo in 3/8 e che muta altresì in tonalità minore. Ad occupare la posizione dello Scherzo figurerebbero le variazioni 5, 6, 7 e 8. L’andamento vorticoso e frizzante tipico dello scherzo è infatti riscontrabile nella quinta e nell’ottava variazione, mentre, con la funzione di trio, troveremmo in particolare la sesta, la quale attacca con baldanzosa sonorità silvestre dei quattro corni: parentesi evocativa, quasi naturalistica, tipica del trio dello scherzo già a partire da Haydn.
Da ultimo il Finale, una densa polifonia che lentamente prepara il terreno alla riproposta del tema originale, attraverso un’applicazione condotta su un basso ostinato (che non è poi altro che una versione del tema del corale): si tratta in pratica di una passacaglia, forma preclassica che in altro modo pure svolge il principio della variazione (in questo caso variazione sopra il tema, non del tema).
La forma arcaica mostra fino a che punto in Brahms si spingesse il ritorno all’antico, che occuperà sempre di più la mente del compositore al punto da portarlo, nelle sinfonie che seguiranno, a percorrere la direzione contraria a tutti gli altri sinfonisti del secondo Ottocento. Mentre quelli dilatavano la forma sinfonica, accogliendo suggestioni di ogni genere comprese quelle descrittive o perlomeno evocative (come sarebbe stato il caso di Mahler), in Brahms si afferma un processo di severo controllo formale che, oltre a pretendere di ripristinare la sinfonia nella funzione classica, trova modo di esemplarsi sui modelli contrappuntistici più antichi: la sua quarta sinfonia termina con una gigantesca ciaccona, una forma come la passacaglia fondata sul principio della variazione.
Sarebbe tuttavia troppo sbrigativo desumere da queste considerazioni l’immagine di un Brahms ‘reazionario’.
Già guardando a Beethoven (e nemmeno a quello tardo del recupero contrappuntistico nei quartetti) non possiamo non renderci conto della tendenza a sorpassare la forma-sonata; tanto per portare un esempio clamoroso nell’ultimo tempo dell’Eroica, che organizza il materiale in forma di variazioni, ovviamente tutt’altro che ornamentali come nella musica del Settecento, ma con straordinaria capacità di proliferazione riattivata per mezzo di procedimenti contrappuntistici.
E saranno queste indicazioni a sopravvivere e a permettere a Brahms di sopravvivere nella nostra coscienza moderna quando si esaurirà la spinta romantica e il Novecento muoverà i primi passi. Non a caso la prima composizione di Anton Webern sarà una Passacaglia (1908), mentre il primo lavoro orchestrale di Schönberg che adotterà pienamente la dodecafonia saranno le Variazioni op. 31 (1926-28).