Barocco a Roma: la meraviglia delle arti
A Roma, a Palazzo Cipolla, fino al 26 Luglio di quest’anno, è possibile visitare una grande mostra dedicata al Barocco a Roma.
Come spiegato dai curatori, Maria Grazia Bernardini e Marco Bussagli, l’esposizione pone l’accento sull’aspetto ‘proprio’ del Barocco che, in sintesi, è il ‘destar la meraviglia’. È dunque la meraviglia ad accompagnare il visitatore nelle sale del palazzo della Fondazione Roma che ha promosso e organizzato la mostra, legata anche alla possibilità di conoscere, tramite tour guidati, una serie di siti barocchi: l’Oratorio dei Filippini, la cappella dei Magi nel Palazzo di Propaganda Fide e Sant’Ivo alla Sapienza, opere di Francesco Borromini - oggetto di prossimi e già pubblicati articoli -; le opere nelle Gallerie Doria Pamphilij, Colonna e Nazionale d’Arte Antica in Palazzo Barberini e nei Musei Vaticani, nella Pinacoteca Capitolina e nel Museo di Roma a Palazzo Braschi e, ad Ariccia, nel celebre Palazzo Chigi.
Prima di iniziare il racconto della nostra visita guidata, è doveroso chiarire l’età storica del barocco che, come tutte le fasi temporali, è di difficile periodizzazione. Per i curatori l’epoca barocca inizia con il 1600, Anno Santo, sotto Clemente VIII Aldobrandini (1592-1605), in cui Roma - la città Barocca per eccellenza! - si riempie di artisti e fini intellettuali (alcuni poi santi, come Roberto Bellarmino) che, affiancando il pontefice, aprono le porte a un linguaggio nuovo, come giustamente notato da un “Avviso” della città del 1601:” hora si scorge che Roma fiorisce nella pittura, più che habbia fatto à tempi a dietro”. Per tutto il secolo la città è una fucina di idee e cantieri, che vedono impegnati e in competizione, artisti italiani e stranieri, tutti alla ricerca di notorietà. Tutto si conclude con la morte del cavalier Gian Lorenzo Bernini nel 1680, il più grande artista del barocco!
Già ma il termine Barocco cosa significa? Lo troviamo citato per la prima volta nel 1776, in un Supplemento della celebre Encyclopédie di Jean-Jacques Rousseau, in cui in ambito musicale, l’autore scrive: “una musica barocca è quella in cui l’armonia è confusa”. Il concetto di ‘armonia confusa’ dunque, dà inizio all’identificazione del barocco con tutto ciò che è bizzarro, contorto, stravagante… eppure meraviglioso, come già detto.
Ma a questo punto diamo inizio alla visita della mostra, che è divisa in cinque sezioni.
La prima è dedicata alle "Radici del Barocco", dunque alle prime opere di cambiamento del gusto. Tutto ha inizio con la rivoluzionaria Santa Margherita di Annibale Carracci, realizzata però già nel 1599 per un altare della splendida (e da poco restaurata!) chiesa di Santa Caterina della Rosa dei Funari vicino al Ghetto. La pala eseguita per Gabriele Bombasi, segretario dei Farnese, mostra la santa appoggiata a un ceppo antico e in atto di indicare verso l’alto, dove nella cimasa - il dipinto centinato posto sopra la pala – è l’Incoronazione della Vergine. È proprio questo gesto eloquente, la particolare posa dimostrativa ad anticipare i temi della retorica barocca. Fu questo il dipinto che tanto piacque a Caravaggio che, come risulta dalle fonti, apprezzò il cromatismo e la composizione del collega, uno dei pochi che a suo parere, era un vero pittore!
Nella sezione si susseguono altre pale d’altare e dipinti a soggetto mitologico, eseguiti da artisti che di lì a poco saranno i grandi protagonisti del barocco romano, come Guido Reni (Atalanta e Ippomene di Capodimonte), Lanfranco (con l’Apparizione della Madonna col Bambino a san Lorenzo del Quirinale) e Guercino (Santa Maria Maddalena penitente in Vaticano), cui sono avvicinati gli stranieri Pietr Paul Rubens e Simon Voet con i due San Sebastiano, il primo alla Corsini, l’altro dalla collezione Condorelli.
La seconda sezione invece illustra "L’estetica barocca sotto Urbano VIII (1623-44)", pontefice di grande personalità e autorevolezza, che dà avvio a imprese colossali, quali la decorazione del soffitto di Palazzo Barberini con il Trionfo della Provvidenza di Pietro da Cortona (presente in mostra con le bellissime pale di Santa Maria della Concezione a Roma e l’altra a Cortona) e lo splendido baldacchino in San Pietro, frutto della collaborazione di Bernini e Francesco Borromini, autore di cui sono esposti magnifici disegni.
Nella sezione si trovano i celebri busti ‘parlanti’ di Bernini, raffiguranti papa Urbano VIII e il cardinale Scipione Borghese, ma soprattutto quello di Costanza Bonarelli, la donna amata dall’artista, moglie del suo allievo Matteo e che per lei … perse la testa (soprattutto dopo aver scoperto che aveva una relazione anche con il fratello)!
Accanto alle opere del Maestro ci sono quelle degli allievi, Du Quesnoy, Mola e Ferrata, oltre ai disegni degli edifici in costruzione in quel momento, come Sant’Ivo alla Sapienza di Borromini, Santi Luca e Martina del Cortona e infine, i campanili di San Pietro che provocarono per crolli, l’allontanamento di Bernini dal cantiere pontificio. Anche in questa sezione tuttavia, troviamo opere dei pittori già segnalati, un percorso utile per seguire l’evoluzione della loro pittura, posta a confronto con i nuovi arrivati, quali per esempio Nicolas Poussin, con il curiosissimo Trionfo d’Ovidio del 1625.
La terza sezione, "Teatralità e scenografia nell’arte del Seicento", è certamente la più corposa. Stiamo procedendo cronologicamente e dunque siamo arrivati alla metà del secolo. I papi, in particolare Alessandro VII Chigi (1655-67), si concentrano a cambiare il volto della Città Eterna. Molto spazio è dedicato alla vicenda della Fontana dei Fiumi di piazza Navona, già commissionata a Borromini e poi affidata - grazie al regalo a papa Innocenzo X Pamphilij (1644-55) di un modellino in argento alto un metro - a Bernini. Era questa la sua occasione per essere riabilitato dopo la questione dei campanili vaticani, dunque l’opera doveva essere perfetta, come dimostrano i numerosi studi delle varie parti, documentati da disegni e modelli in terracotta e legno (splendidi!).
Anche qui non mancano progetti dei grandi architetti, dipinti a soggetti sacri (fra cui si segnalano quelli degli allievi di Pietro da Cortona) e profani (tra gli altri l’Apollo e la Sibilla di Salvator Rosa e Il trionfo di Bacco di Mattia Preti), ma soprattutto vale la pena ‘meravigliarsi’ davanti alle curiose tele di pittori, spesso non conosciuti, ma che descrivono le feste nelle piazze di Roma a quel tempo, in particolare piazza del Popolo e piazza di Spagna affollate da bambini, mendicanti, contadini e prelati.
Si segnalano ancora i numerosi bozzetti in terracotta di Bernini e Alessandro Algardi, lo scultore bolognese del San Filippo Neri nella sacrestia della Chiesa Nuova, opera ricordata con un piccolo ma significativo modello. Infine i bozzetti dipinti per le due grandi decorazioni pittoriche che chiudono la stagione barocca: Il trionfo del Nome di Gesù dell’omonima chiesa, per mano di Giovan Battista Gaulli detto Baciccio e l’Allegoria della Clemenza per Clemente X Altieri (1670-76) nella Sala dell’Udienza del suo palazzo posto davanti alla celebre chiesa dei gesuiti.
Segue la quarta sezione "Il paesaggio e il grande spettacolo della natura" che sottolinea l’importanza di questo nuovo soggetto nella storia della pittura italiana. Fra le tele esposte, di Poussin, Lauri, Tassi e altri, si segnalano quelle di Annibale Carracci (Il sacrificio di Abramo) e Domenichino (Paesaggio con Silvia e satiro) in cui non sono più le figure a essere protagoniste, ma una natura splendida, serena, tesa a quel sentimento bucolico d’ispirazione virgiliana, di grande successo proprio nel Seicento.
Fra i dipinti in mostra anche quelli sui celebri dintorni romani, meritano di essere ricordati le Cascate di Tivoli (Gaspard Dughet, cognato di Poussin) e la Veduta di Nettuno dal porto di Anzio (Pandolfo Reschi).
L’esposizione si chiude con "Gli arredi: Barocco da casa", la più curiosa di tutte le sezioni.
A riprova del successo dello stile barocco, anche la vita di tutti i giorni non era scevra delle sue bizzarrie, come dimostrano il disegno di Progetto per carrozza di Giovanni Paolo Schor, grande artista eclettico, cui spetta anche la realizzazione del grande letto da parata in forma di conchiglia, per il primogenito di Maria Mancini, nipote di Mazzarino, e il Connestabile Lorenzo Onofrio Colonna, descritto in un’incisione del 1663.
Altro pezzo unico è la famosa Arpa Barberini, a tre ordini di corde e ornata da putti cariatidi con emblema della famiglia, realizzata prima del 1634 (dal Museo degli Strumenti Musicali di Roma); da notare sono anche l’inginocchiatoio di casa Colonna, in ebano, avorio e argento, le due pitture, una su lapislazzulo di Domenichino (Fuga in Egitto), l’altra su ametista di Filippo Lauri (Battesimo di Cristo) e per concludere, la tavola sciaterica del gesuita Athaniasius Kircher, che nel 1636 ne realizzò quattro su ardesia.
Kircher, che insegnava al Collegio Romano, non era solo un matematico, ma un vero e proprio ‘tuttologo’. In campo astronomico, per esempio, era convinto che tramite lo studio del moto degli astri era possibile comprendere il meccanismo che regolava l’Universo, ecco dunque la realizzazione delle tavole. La loro lettura si basava sull’osservazione delle ombre che, proiettate dalla luce del sole su 25 gnomoni, veniva riportata su altrettanti quadranti incisi. In particolare in questa esposta sono riprodotti 24 aspetti differenti della Luna e figure delle dodici costellazioni zodiacali dipinte a olio, di grande interesse non solo artistico, ma soprattutto scientifico.
Una mostra da non perdere, anche perché legata a una città come Roma, che del Barocco è la vera protagonista assoluta.
Crediti
Immagine di copertina:
Giacinto Gimignani, Ritrovamento di Mosé, Roma, Collezione Privata
Immagini nell’articolo:
Francesco Borromini: Sant’Ivo alla Sapienza
Guido Reni, Atalanta e Ippomene, 1615-18 ca., Napoli, Museo di Capodimonte
Bernini, Ritratto di Costanza Bonarelli, 1636-37 circa, Firenze, Museo Nazionale del Bargello
Baciccio, Giustizia, Pace e Verità, 1667-72, Roma, Collezione Fondazione Roma
Arpa Barberini, ante 1634, Roma, Museo Nazionale degli Strumenti Musicali