Il Papavero: fiore e cibo del mondo antico
Papaver somniferum è una pianta appartenente alla famiglia delle Papaveracee.
Esistono essenzialmente due varietà di papavero da oppio: Papaver somniferum album, bianco e dai semi bianchi e Papaver somniferum nigrum, nero (a volte chiamato “papavero blu”), dai semi scuri.
La coltivazione del Papavero iniziò nel Neolitico, probabilmente nelle regioni del sud-est europeo.
Le capsule di papavero carbonizzate scoperte a Cueva de los Murcielagos (sud della Spagna) testimoniano la presenza della pianta nel vecchio continente intorno al 4200 a.C..
A Kastanas in Macedonia e a Tirynis furono rinvenuti resti di papavero databili all’alta età del bronzo.
Nell’area dell’Egeo, il papavero è legato a divinità micenaiche; considerato simbolo di fecondità, è rappresentato su tre anelli a sigillo del 1500-1300 a.C.: sul primo sigillo una donna con una tiara, seduta a terra sotto un albero carico di frutti, tiene in mano tre steli di papavero; sul secondo, la donna con la tiara, seduta tra due donne in piedi che portano papaveri, ha le braccia tese verso l’alto e ha in ciascuna mano due capsule di papavero; sul terzo, la stessa donna porta tre steli di papavero.
Idolo di Gazi
Un’altra attestazione della presenza del papavero è l’idolo di Gazi: la sua testa è cinta da una benda da cui spuntano tre capsule di papavero; datata 1200-1100 a.C., è conservata attualmente nel museo di Héraklion.
Sulle tavolette del Lineare A, scoperte nel Palazzo Reale di Hagia Triada a Creta, compare un segno che fa pensare ad una capsula di papavero; queste testimonianze indicano che il papavero era coltivato su larga scala nell’isola.
Il papavero era presente in Egitto sin dall’epoca della XVIII dinastia: lo troviamo rappresentato in una tomba (Tomba 1389) a Deir el Medina; la presenza del papavero a Cipro nella stessa epoca è ugualmente attestata archeologicamente.
Fig. 1 - Byzantion CNG Triton VIII, 2005, lot.741
Fig. 2 - Gorny&Mosch auction 175, 2009, lot.240
Il ritrovamento archeobotanico di Beycesultan, datato all’incirca al 1900 a.C. è l’attestazione più antica dell’esistenza del papavero in Asia Minore.
Numerosi semi di papavero sono stati rinvenuti in un vaso durante gli scavi nel Palazzo di Beycesultan. Mancando l’identificazione dei semi attraverso analisi di laboratorio, non abbiamo la possibilità di definire l’epoca in cui la pianta cominciò ad essere coltivata in Asia Minore.
Altri scavi nella stessa regione non hanno fornito alcuna testimonianza della presenza del papavero: sono stati rinvenuti semi di papaveracee ma nessuno di questi, fino a oggi, è stato identificato come Papaver somniferum.
Fig. 3 - Elaia Gorny&Mosch Auction 156, 2007, lot 1768
Fig. 4 - Hadrianus Numismatik Lanz auction 135, 2007, lot 675
Malgrado la mancanza di testimonianze scritte sul papavero nella cucina ittita, l’esistenza di fermagli con l’immagine del papavero di origine anatolica, databile all’epoca ittita (all’incirca 1400-1200 a.C.) dimostra che gli ittiti conoscevano la pianta probabilmente in seguito a contatti di natura economica con popolazioni vicine.
La coltivazione del papavero in Asia Minore iniziò probabilmente in epoca classica o immediatamente dopo.
Fig. 5 - Helios numismatik Auction 2, 2008, lot 205
fig. 6 - Lokroi CNG Triton X, 2007, lot 58
Mitologia
Il papavero è un attributo di diverse divinità greche.
Nell’antichità il papavero era probabilmente una delle grandi risorse alimentari e, proprio per questo, era simbolo della fecondità: nel Peloponneso, appare come attributo accanto ad Afrodite, Atena, Artemide ed Era; a Sicyon, conosciuta come “la città del papavero”, in una statuetta in oro e avorio databile alla fine del V secolo, Afrodite porta un papavero in una mano e una mela nell’altra.
Ancora il papavero compare in una scena mitologica nella quale Afrodite porta in braccio Eros con, in mano, due capsule e una palma su una gemma (III secolo a.C.). Una capsula votiva in bronzo a forma di papavero compare tra i resti del tempio di Atena Chalkioikos a Sparta; lo stesso motivo accompagna la testa di Atena sui dritti delle monete in argento coniate a Corinto intorno al 320 a.C..
A Sparta, su una tavoletta di piombo, tre capsule di papavero sono raffigurate accanto ad Artemide Ortia (635-600 a.C.). Vi è una capsula di papavero in terracotta (metà VII sec.) anche tra le offerte votive nel santuario di Hera Akraia, non lontano da Corinto. La pianta del papavero è accolta come simbolo di Demetra (Cerere per i Romani), la dea della terra, dell’agricoltura e delle messi, spesso raffigurata con fasci di grano e papaveri, suoi consueti attributi. Su un piatto corinzio del V secolo a.C., attualmente nella collezione del Museo Nazionale di Atene, Demetra è rappresentata seduta, con in mano spighe e papaveri. Sul dritto delle monete in argento di Siracusa, la dea a volte porta sul capo una corona di spighe e papaveri.
In Mesopotamia, il papavero è uno degli attributi di Kubaba (futura Cibele). L’iconografia ci fornisce alcune immagini di questa dea: il rilievo di Kubaba che porta il papavero, proveniente da Carchemish in Siria, è databile al 1050-850 a.C.; su un altro rilievo proveniente da Birecik, Kubaba in piedi, porta un papavero.
Nel mondo egizio, il papavero è attributo di Iside, Serapide e di divinità sincretiche, come Iside-Demetra, Iside-Fortuna, Serapide-Elio, Serapide-Agathodémon.
Il papavero è una delle piante che riempiono, insieme a spighe e frutta, il corno dell’abbondanza, simbolo della fertilità; compare anche nelle ghirlande, decorazione profana, religiosa e funeraria.
E’ all’Ara Pacis la migliore rappresentazione del papavero dell’arte ufficiale: fa capolino tra grappoli d’uva, tralci di edera e spighe, frutti diversi, simbolo di fecondità; la sua immagine è effigiata sulle monete romane come simbolo di prosperità dello Stato. Il papavero è destinato a restare nella storia come simbolo di pace e ricchezza; anche quando non rientra più nell’alimentazione quotidiana, continua a simboleggiare, associato al grano, l’abbondanza.
Il papavero come cibo
La pianta del papavero, fertilissima e a buon mercato, nutriente grazie ai suoi semi oleosi, aveva un ruolo importante nell’alimentazione del mondo antico.
Questa pianta, ancora oggi, è associata all’idea della droga: in realtà è il succo l’unica parte della pianta ad avere proprietà medicinali e narcotiche; le capsule secche hanno solo valore nutritivo. Il papavero era utilizzato nell’alimentazione quotidiana e in riti religiosi: nella «Vita di Pitagora», Porfirio parla di un miscuglio diluito nel miele nel quale il papavero occupa un posto eminente ed elenca ciò che Pitagora mangiò “allorchè egli entrò in un santuario divino per trascorrervi un po’ di tempo…. Per sconfiggere la fame, mescolava semi di papavero, sesamo, steli di asfodeli, foglie di malva, farina d’orzo, ceci: ingredienti che tagliava in pezzi uguali e condiva con miele di Hymette.”
Secondo la tradizione, questa ricetta fu insegnata da Demetra a Eracle, mentre si dirigeva verso il deserto di Libia. Vi sono semi di papavero in un piatto di offerta preparato per le cerimonie eleusine e destinato a Demetra. Secondo Polémon, il papavero faceva parte dei dolci e dei vegetali posti in una cesta durante le orge di Dionysos Bassaros. Ancora il papavero in un passaggio di Fonti Cristiane: ” Così sono anche le ceste mistiche; poiché bisogna svelarne il contenuto e spiegare i segreti. C’è qualcos’altro oltre ai dolci di sesamo e di miele, di miele e di farina, di dolci in gomitoli, di dolci sformati, di grani di sale e un serpente, simbolo rituale di Dioniso Bassaros? C’è altro oltre i melograni, rami di fico, stecche di giunco, di edera, e ancora un dolce tondo e dei papaveri? Ecco i loro oggetti sacri”.
Ancora papaveri in una storia raccontata da Apuleio; per vendicarsi di Psyché, Venere le assegna un lavoro impossibile: dividere i semi dei quali lei ha fatto un mucchio mescolando semi di grano, orzo, miglio, papavero, ceci, lenticchie e fave. I semi di papavero ricoprono dolci e pani di spezie, polpette di semola e di formaggio e una specie di pudding rustico di farina, formaggio, miele e uovo.
Nei dolci al miele e al sesamo si trova sempre del papavero mischiato con altri semi: il miele è essenziale per fissare i semi e dare un gusto più dolce.
In Petronio, un ghiro arrostito e spolverato di papavero offre una strana combinazione di delicatezza e rusticità.
Quanto al papavero al miele, una specie di cibo relativamente compatto, Tucidide scrive che concittadini dei Lacedemoni assediati dagli Ateniesi (425-424 a.C.) cercavano nuotatori volontari in grado di traghettare fra due sponde mezzi di sussistenza per gli assediati (grano macinato, vino, formaggio e ogni altro alimento) trascinandoli legati a una corda insieme a botti contenenti papavero al miele e polvere di semi di lino.
Ritroviamo papavero al miele presso M. Verrio Flacco, che definisce il "cocetum" come "genus edulii ex melle et papauere factum". Anche Orazio, epicureo, parla del papavero al miele di Sardegna.
Trattati di medicina ribadiscono l’importanza del papavero nell’alimentazione corrente. Ippocrate lo cita tra gli alimenti di elevato potere nutritivo; Sorano sconsiglia il pane al papavero giudicandolo di difficile digestione; a tale giudizio si associa anche Galeno.
La presenza del papavero nella letteratura medica così come le relative citazioni nell’Iliade e nella Teogonia confermano la sua diffusione nell’alimentazione di greci e romani.
Attualmente è facile imbattersi nei semi di papaveri usati in prodotti di pasticceria o nella confezione del pane, come al tempo dei Romani.
In Turchia, una città dell’Anatolia, Afyon (attualmente Afyonkarahisar), è un vero laboratorio per chi ama gustare il papavero. Il suo nome deriva da "Opium" ed è oggi la maggiore produttrice turca di papavero. Per questo motivo la presenza del papavero nella cucina locale è molto sentita. L’olio di papavero è il grasso di condimento più utilizzato: i residui sono dati in pasto alle bufale, il cui latte è utilizzato per produrre il kaymak (una panna molto densa).
Le carni e il latte degli animali alimentati con i residui del papavero hanno caratteri organolettici più delicati: è per questo che il kaymak di Afyon è il migliore della Turchia e il sucuk, il salame di carni bovine, molto ricercato.
In Turchia si produce anche hashas ezmesi, una sorta di pâté di papavero, utilizzato per preparare varie sfogliate come hasgesli pide, haflgeflli börek, katmer, açma, bukme, övme, agzi açik e lokul. Il pâté di papavero mischiato al miele o al mosto cotto è consumato spalmato sul pane. Si preparano anche lokum ed helva utilizzando il papavero.
Molto apprezzate sono le foglie giovani di papavero in insalata o soffritte.