PIANTE E FOTOSINTESI
Da luce, acqua, anidride carbonica e minerali del suolo, Piante e Alghe verdi sintetizzano per fotosintesi carboidrati, nutrienti essenziali per gli esseri viventi. Da questi partono le catene trofiche che attraversano gli ecosistemi del pianeta.
Classificate in dieci differenti Divisioni, le Piante hanno una lunga storia evolutiva testimoniata da organi specializzati per la fotosintesi, per l’ancoraggio al substrato e per il sostegno, chiari adattamenti alla vita terrestre.
Tabella 1. Classificazione delle Piante.
Le Angiosperme, o piante a fiore, comprendono circa 235000 specie e sono il gruppo più rappresentato sul pianeta; la loro struttura è esemplificata nella Figura 1 da una pianta di fava (Vicia faba).
Figura 1. Radice, fusto e foglie sono costituiti da tessuti con struttura e funzione ben definite: le radici formano il sistema radicale; fusto e foglie costituiscono il germoglio. Sui fusti si distinguono nodi e internodi: sul nodo sono inserite una o più foglie alle cui ascelle si formano le gemme. Xilema e floema, tessuti vascolari, decorrono insieme e formano un sistema circolatorio continuo attraverso il corpo della pianta. Il tessuto specializzato per la fotosintesi è il mesofillo.
(da P. H. Raven, R. F. Evert, S. E. Eichhorn: Biologia delle Piante. Zanichelli, Bologna, 1990)
Le Foglie
Nelle Angiosperme, la Fotosintesi si realizza quasi esclusivamente nelle foglie, i cui caratteri variano con l’habitat. Tuttavia, pure in tale variabilità, in Mesofite, Idrofitee e Xerofite si distinguono Epidermide, Mesofillo e Fasci conduttori, strutture e tessuti fogliari che adempiono funzioni differenti.
Figura 2. Sezione trasversale di una foglia di oleandro (Nerium oleander), una dicotiledone xerofita.
(da P. H. Raven, R. F. Evert, S. E. Eichhorn: Biologia delle Piante. Zanichelli, Bologna, 1990)
Epidermide
Le cellule epidermiche della foglia, strettamente addossate le une alle altre, sono ricoperte dalla cuticola che riduce la traspirazione e la conseguente perdita di acqua.
Su entrambe le facce della foglia, spesso più numerosi sulla faccia inferiore, vi sono gli stomi, minute camere, le cui apertura e chiusura sono regolate dalle cosiddette cellule di guardia.
Figura 3. Epidermide fogliare di Lilium: stomi e cellule di guardia
Figura 4. Cellule epidermiche con stomi aperti e chiusi
Gli stomi comunicano con gli spazi intercellulari interni della foglia, sedi della fotosintesi, e rappresentano una specie di interfaccia fra questi e l’ambiente esterno: aprendosi, accolgono piccoli volumi di aria contenenti CO2, (sostanza di partenza per le reazioni che portano alla sintesi di carboidrati) e riversano nell’ambiente acqua e ossigeno derivati dalla fotosintesi.
Il numero degli stomi varia con la specie della pianta e con l’ambiente; può raggiungere valori molto grandi: in una foglia di tabacco, ad esempio, vi sono circa 12000 stomi per cm2di superficie. Sebbene le aperture stomatiche rappresentino soltanto circa l’1% della superficie totale della foglia, più del 90% dell’acqua traspirata abbandona la pianta attraverso gli stomi.
Insieme agli stomi, sulla faccia inferiore della foglia, possono trovarsi anche numerosi peli epidermici (tricomi), utili per limitare le perdite di acqua.
Nelle Dicotiledoni gli stomi sono disposti sulla foglia senza un ordine particolare; nelle Monocotiledoni invece si allineano regolarmente in file parallele all’asse fogliare maggiore.
Figura 5. Tricomi e stomi sulla pagina inferiore di una foglia di Juglans nigra
Mesofillo
Il parenchima a palizzata del mesofillo è la sede della fotosintesi; fra le cellule che lo costituiscono si dirama un esteso sistema di spazi comunicanti con l’esterno attraverso gli stomi. Tale disposizione strutturale favorisce gli scambi gassosi tra le cellule, ricche di cloroplasti, e l’atmosfera, incrementando l’efficienza fotosintetica.
Fasci conduttori
Il mesofillo fogliare è attraversato da fasci conduttori (nervature), vero e proprio sistema circolatorio fogliare. Le nervature sono costituite da xilema e floema: lo xilema è rivolto verso la faccia superiore della foglia, il floema verso quella inferiore.
Le nervature si distinguono in minori e maggiori: le prime, di piccolo calibro, decorrono a stretto contatto con le cellule del mesofillo e svolgono azione di drenaggio delle sostanze prodotte dalla fotosintesi; le seconde, di maggior calibro, appaiono più o meno rilevate sulla faccia inferiore della foglia e adempiono la sola funzione di trasporto.
Figura 6. Nervature di una foglia di vite.
Figura 7. Nervature in una foglia di una pianta tropicale.
La cellula vegetale
La cellula vegetale si differenzia dalle altre cellule eucariotiche perchè provvista di parete rigida, di vacuoli citoplasmatici (con funzione di accumulo di acqua, minerali, zuccheri e proteine) e, soprattutto, di plastidi.
Figura 8. Cellule vegetali eucariote.
Figura 9. Cellule epidermiche e stomi di Tradescantia.
Plastidi
I plastidi, organuli in cui avvengono i processi della fotosintesi, si differenziano in cloroplasti, cromoplasti, leucoplasti e proplastidi.
I cloroplasti hanno sede nel citoplasma, sono di forma discoidale e contengono clorofille e pigmenti carotenoidi. Una singola cellula del mesofillo può contenere 40-50 cloroplasti; un millimetro quadrato di foglia circa 500000.
Figura 10. Cellule epidermiche di Elodea e cloroplasti
La struttura interna del cloroplasto è complessa: lo stroma, sostanza fondamentale, è attraversato da un sistema di membrane in forma di sacchi appiattiti, chiamate tilacoidi; tutti i tilacoidi sono riuniti a formare un unico sistema intercomunicante.
Nei cloroplasti si distinguono i grana, serie di tilacoidi a forma di disco, sovrapposti l’uno sull’altro come pile di monete. Le clorofille e i pigmenti carotenoidi sono parte integrante dei tilacoidi.
I cloroplasti, quando la pianta è fotosinteticamente attiva, possono contenere granuli di amido e goccioline lipidiche, fungendo da temporanee riserve di sostanze energetiche.
I granuli di amido sono generalmente assenti in piante tenute al buio per 24 ore o più; ricompaiono già dopo 3-4 ore di riesposizione della pianta alla luce.
I cloroplasti sono i siti della fotosintesi e sedi di temporaneo accumulo di amido; inoltre, svolgono un ruolo nella sintesi degli aminoacidi e degli acidi grassi.
Figura 11, Figura 12. Cloroplasto in una foglia di Zea mays.
Al microscopio elettronico si distinguono l’involucro del plastidio, lo stroma, i tilacoidi stromatici, i grana, alcune goccioline lipidiche.
Figura 13. Cloroplasto in una foglia di girasole (Helianthus annuus)
Figura 14. Sezione di cloroplasto con membrane, stroma, tilacoidi e grana, strutture in cui ha sede la fotosintesi.
I cromoplasti sono plastidi colorati: mancano di clorofilla, ma sintetizzano e accumulano pigmenti carotenoidi, responsabili del colore giallo, arancio e rosso di molti fiori, delle foglie senescenti e di alcune frutta e radici.
Figura 15. Foglie secche
I leucoplasti sono plastidi non pigmentati; alcuni sintetizzano amido, altri possono accumulare vari tipi di sostanze, compresi oli e proteine. Esposti alla luce, i leucoplasti possono trasformarsi in cloroplasti.
I proplastidi sono piccoli plastidi, incolori o di colore verde pallido che si trovano nelle cellule meristematiche in divisione delle radici e dei fusti; sono precursori di cloroplasti, cromoplasti e amiloplasti.
Fotosintesi
Nelle cellule del mesofillo si realizza la fotosintesi la cui equazione generale è la seguente:
CO2+ 2H2A + energia luminosa > (CH2O) + H2O + 2A
Per H2A s’intende qualsiasi sostanza ossidabile, capace cioè di cedere elettroni.
Nelle alghe e nelle piante verdi, dove l’acqua funziona da donatrice di elettroni, l’equazione globale e bilanciata della fotosintesi porta alla produzione di glucosio (C6H12O6) e va scritta nella maniera seguente:
6CO2+ 12H2O + energia luminosa > C6H12O6+ 6H2O + 6O2
Nella fotosintesi si distingue una “fase luminosa” e una “fase oscura”; la prima comprende l’insieme delle reazioni che richiedono luce, la seconda quelle che non ne necessitano.
Nel corso della prima fase, clorofille e carotenoidi, situati nelle membrane dei cloroplasti, assorbono luce solare: gli elettroni stimolati raggiungono un livello energetico superiore e trasferiscono energia a una molecola di pigmento detta centro di reazione.
La fase oscura si svolge nello stroma e porta alla riduzione dell’anidride carbonica con formazione di composti organici.
In tale processo (ciclo di Calvin), uno zucchero a 5 atomi di carbonio, il ribulosio-1,5-difosfato (RuDP), si combina con l’anidride carbonica per formare due molecole di un composto a tre atomi di carbonio, il 3-fosfoglicerato (PGA).
In un giro del ciclo si ha la riduzione di una molecola di CO2; in tre giri del ciclo si forma una molecola di gliceraldeide-3-fosfato. Due molecole di gliceraldeide-3-fosfato possono combinarsi per formare una molecola di glucosio.
Le piante che fissano il carbonio attraverso il ciclo di Calvin formano un composto a tre atomi di carbonio e, pertanto, sono dette piante C3.
Adottano una via metabolica C3 molte piante erbacee fra cui il grano (Triticum vulgare), il riso (Oryza sativa), l’avena (Avena sativa) e la segale (Secale cereale).
Altre piante ottengono la fissazione della CO2 atmosferica attraverso reazioni fra CO2 e fosfoenolpiruvato (PEP): il primo composto che si forma è l’ossalacetato, a 4 atomi di carbonio, per cui tali piante sono dette C4.
Tra le piante C4 vi sono il granturco (Zea mays), la canna da zucchero (Saccharum officinale) e il sorgo (Sorghum vulgare).
Le piante C4 sono più efficienti delle C3 nell’utilizzazione della CO2.
Molte piante succulente, tipiche di habitat semiaridi e aridi, con temperature elevate, adottano il metabolismo CAM (Crassulacean Acid Metabolism), una variante del ciclo C4.
Nelle piante CAM la fissazione della CO2 avviene attraverso una reazione con la PEP carbossilasi, con formazione di acido malico, composto a quattro atomi di carbonio, accumulato nei vacuoli cellulari.
Tali processi avvengono nel corso della notte, quando, assente il sole, all’apertura degli stomi non conseguono grosse dispersioni idriche. Durante il dì, a stomi chiusi, la CO2 fissata è trasferita al RuDP del ciclo di Calvin e segue il percorso di reazioni che portano alla sintesi del glucosio.
Tra le piante vascolari il metabolismo CAM è più diffuso di quello C4, in particolare fra le dicotiledoni. Seguono il metabolismo CAM anche piante non succulente come, ad esempio, l’ananas (Ananas comosus) o piante non appartenenti alle angiosperme (Welwitschia mirabilis, Isoetes e alcune felci).
Figura 16. Carnegiea giganteaa Saguaro Cactus Forest
Figura 17. Fichi d’India
In conclusione, attraverso la Fotosintesi, realizzata con modalità diverse a seconda dell’habitat di vita, le piante organicano il carbonio dell’aria, dando vita a sostanze, principalmente carboidrati, che rappresentano la base dell’alimentazione degli esseri viventi oggi presenti sul pianeta Terra.
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