L'INIZIO DELL'ANTROPOCENE
L’attuale crisi ambientale è conseguenza della crescente concentrazione atmosferica di gas serra prodotti dalle attività umane.
Da quando le azioni dell’uomo hanno innescato tali processi? Quando ha avuto inizio l’Antropocene?
Per alcuni, l’inizio del tutto sta nel fiorire dei commerci in epoca rinascimentale: i mercanti raggiunsero, per mare e per terra, ogni angolo del mondo allora conosciuto: cambiò lo stile di vita, crebbero produzione di beni, consumi e traffici con ovvie ricadute sull’ambiente.
Altri ritengono che sia stata la rivoluzione industriale del Settecento a modificare sostanzialmente l’equilibrio fra uomo e ambiente: l’industria promosse la globalizzazione dell’economia e lo sfruttamento delle risorse energetiche del pianeta fu senza scrupoli.
Per altri ancora il discrimine va individuato nel secondo dopoguerra: le bombe H sganciate su Hiroshima e Nagasaki posero fine alla seconda guerra mondiale e avviarono soprattutto l’uomo verso uno stile di vita consumistico, opportunista, dedito allo sfruttamento massivo della Terra, incurante di qualsiasi tematica ambientale.
Tutti questi punti di vista sono condivisibili: ognuna di questi eventi ha sicuramente contribuito al risultato che oggi è sotto gli occhi di tutti.
E, tuttavia, crediamo che la crisi attuale sia la conseguenza multiforme del Neolitico, della scelta dell’uomo di abbracciare agricoltura e allevamento per risolvere, in quell’epoca, i problemi del sostentamento.
Circa 12000 anni fa, al termine dell’ultimo periodo glaciale, l’uomo abbandona il nomadismo per abbracciare la stanzialità; la raccolta ubiquitaria di piante, semi e frutti per coltivare campi; la caccia per l’allevamento animale.
Corollario delle scelte del Neolitico è un modo nuovo di guardare alla Natura e, in primo luogo, alle foreste, non più ambiente materno in cui procacciarsi cibo ma spazio da sottrarre agli alberi e destinare ad area agricola.
Nelle foreste è depositata tanta biodiversità: è nelle foreste che avviene la gestazione delle forme di vita che popoleranno in futuro il pianeta.
Non solo.
Esiste un rapporto diretto tra estensione delle foreste e livello di anidride carbonica nell’aria: gli alberi, si sa, per effettuare il processo della fotosintesi sottraggono anidride carbonica all’atmosfera e ne limitano la concentrazione.
La distruzione delle foreste per ottenere aree coltivabili e adatte all’allevamento (come ancora oggi accade) ha portato alla frammentazione degli habitat, alla riduzione della biodiversità, al mancato sequestro di anidride carbonica nelle piante e al conseguenze progressivo incremento della concentrazione di gas serra nell’aria.
La primaria importanza di agricoltura e allevamento nella promozione dell’attuale crisi ambientale è testimoniata da Simon L. Lewis e Mark M. Maslin i quali indicano nel 1610 l’anno di origine dell’Antropocene.
Carote di ghiaccio antartico hanno mostrato una diminuzione della concentrazione atmosferica dell’anidride carbonica nel corso di tutto il Cinquecento, fino ad arrivare a un minimo storico nel 1610. Come spiegare questi dati?
Lewis e Maslin li legano alla storia umana: nel mondo già globalizzato del Rinascimento in cui, anche allora, le grandi potenze dell’epoca organizzavano spedizioni per conquistare territori, decimare popolazioni e depredare ricchezze, circa 50 milioni di Amerindi furono sterminati nel giro di un secolo. Questi erano agricoltori e i campi, non più coltivati in seguito allo sterminio, ben presto tornarono a essere foreste e, come tali, a svolgere il loro compito naturale: utilizzare l’anidride carbonica dell’aria per la fotosintesi.
Un quantità progressivamente maggiore di anidride carbonica fu sequestrata nelle piante e la sua concentrazione atmosferica diminuì fino a toccare il minimo storico di 280 ppm.
Dal 1610 il Capitalismo mercantile, industriale e consumistico e le tecnologie che lo hanno accompagnato ci hanno fatti progredire fino alle attuali 415 ppm.