La civiltà della conversazione
Nata come un intrattenimento fine a sè stesso, come un gioco destinato allo svago e al piacere reciproco, la conversazione obbediva a leggi severe che ne garantivano l’armonia su un piano di perfetta uguaglianza.
Erano leggi di chiarezza, di misura, di eleganza, di rispetto per l’amor proprio altrui. Il talento di ascoltare vi era più apprezzato che quello di parlare, e una squisita cortesia frenava l’irruenza e impediva lo scontro verbale.
Assurta presto allo status di rito centrale della socievolezza mondana, nutrita di letteratura, curiosa di tutto, la conversazione si apriva progressivamente all’introspezione, alla storia, alla riflessione filosofica e scientifica, al confronto delle idee.
Questo ideale di conversazione, che sa coniugare la leggerezza con la profondità, l’eleganza con il piacere, la ricerca della verità con la tolleranza e con il rispetto dell’opinione altrui, non ha mai smesso di attrarci; e quanto più la realtà ce ne allontana tanto più ne sentiamo la mancanza.
(Benedetta Craveri. La civiltà della conversazione. 2001, Adelphi.)