La Grande Guerra
Ricorre quest’anno il centenario della fine della Grande Guerra: il 4 novembre 1918 tacquero le armi su tutti i fronti della Prima guerra mondiale.
Sui campi di battaglia i soldati emersero dalle trincee in cui, per mesi, avevano vissuto una vita al limite dell’umano, asserragliati tra fango e terra, sfiniti da immani fatiche, accompagnati dall’idea di stare “come d’autunno sugli alberi le foglie”. La guerra era finita! La carneficina cessava lì, in quel momento: i milioni di morti erano il passato.
Si tornava a casa. A raccontare, fra l’altro, le sofferenze, lo strazio, le crudeltà che si erano vissute, a cui si era assistito. Al tempo, non esistevano quelli che oggi chiamiamo “media” e si può facilmente immaginare con quale pathos fossero percepiti gli orrori della guerra da uomini i cui occhi mai avevano intercettato tali atrocità.
In quell’anno, 1918, nasceva mia madre e, in un paese vicino, la madre di un mio caro amico.
Il popolo italiano aveva partecipato alla Grande Guerra con spirito di sacrificio giudicando i più un dovere combattere per la patria. La fine delle ostilità fu da tutti accolta con grande giubilo e, tuttavia, i ricordi della guerra appena conclusa e i sentimenti suscitati dal lungo conflitto erano comunque vivi e si rivelavano nelle occasioni più disparate.
Così a mia madre, nata il 15 novembre, fu dato il nome di Maria Pace e alla madre del mio amico, nata qualche giorno dopo, il nome di Maria (immancabile!) Vittoria.
Pace e Vittoria, due modi di ricordare la Grande Guerra.