Frammenti fotografici di un viaggio in Giappone: Kyoto e Nara, Kansai (Aprile 2014)
La realtà che ho incontrato non l'ho conosciuta se non per frammenti.
Il metodo è stato lo sguardo, o meglio, il tentativo di formare uno sguardo e, da lì, dare una forma che mi permettesse un accesso a quella realtà.
Il paradosso: cercare una forma per una realtà fenomenica già formalizzata.
Ma della sua forma non potevo interiorizzare i codici, il segreto linguaggio.
Così il metodo del guardare è stato necessario per avvicinare a me quel mondo, cercando di ri-presentarne il puro livello percettivo.
Una de-concettualizzazione estrema, applicata a una realtà visibile che contiene in sé il vitalismo più rigoglioso e l’astrazione più rigorosa, un vitalismo geometrizzante, lo scintillio metafisico delle foglie degli alberi e l’opacità dell’esibizione dei rami morti,
il sentiero sempre visibile e la sua riflessione, che lo nega.
Nei templi zen, la forma del luogo è meditazione, oggetto e soggetto che guarda si confondono.
Lì la vita che si trasforma è acqua che scorre silenziosamente, onnipresente.
Paradosso del fotografare: come guardare la trasformazione, e da dove?
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