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  • 21 Dicembre 2015 | Gallery

    Impressionisti e Moderni. Capolavori dalla Phillips Collection di Washington

    Il Palazzo delle Esposizioni di Roma presenta la mostra “Impressionisti e Moderni. Capolavori dalla Phillips Collection di Washington”, promossa da Roma Capitale‐Assessorato alla Cultura e allo Sport e Azienda Speciale Palaexpo.

    La rassegna, a cura di Susan Behrends Frank, è organizzata dalla Phillips Collection in collaborazione con Azienda Speciale Palaexpo, con il contributo della Camera di Commercio di Roma.

    In mostra sessantadue dipinti di oltre cinquanta artisti provenienti dalla Phillips Collection, il primo museo di arte moderna fondato in suolo americano. La prestigiosa istituzione, inaugurata a Washington D.C. nel 1921, da "museo intimo e raccolto ma anche sede di sperimentazioni in cui presentare l’arte contemporanea accanto a capolavori più noti”, secondo le intenzioni del suo fondatore Duncan Phillips, si è trasformata in una raccolta di opere d’arte moderna e contemporanea tra le più importanti e apprezzate del mondo.

    1 Picasso The Blue Room

    Proprio nell’imminenza del suo centesimo anniversario, il museo ha organizzato un’importante mostra itinerante nel corso della quale il pubblico avrà l’occasione di ammirare una parte della sua ricca collezione.

    Questa straordinaria rassegna dedicata alla pittura europea e americana è organizzata cronologicamente, riflettendo in forma di macro-sezioni le grandi correnti culturali che hanno attraversato l'Ottocento e il Novecento fino al secondo dopoguerra: Classicismo, Realismo e Romanticismo; Impressionismo e Postimpressionismo; Parigi e il Cubismo; Intimismo e Modernismo; l’Espressionismo e la Natura;  Espressionismo Astratto.

    5 Degas Dancers at the Barre2

    Si esordisce con le opere dei grandi artisti che all'inizio del XIX secolo hanno rivoluzionato la pittura europea, da Goya a Ingres, da Delacroix a Courbet e Manet, messe in dialogo con quelle dei maestri dell’Impressionismo francese come Cézanne (presente con Autoritratto e La montagna Sainte-Victoire), Degas, Van Gogh (Casa ad Auvers del 1890), Monet con La strada per Vétheuil e Sisley con Neve a Louveciennes. 

    Un posto di spicco spetta ai maestri moderni che hanno plasmato la visione artistica del Novecento, tra cui Bonnard (artista prediletto da Phillips), Braque, Gris, Kandinskij, Kokoschka, Matisse, Modigliani con Ritratto di Elena Povolozky, Picasso (in mostra con Tauromachia, La camera blu e Donna con cappello verde),  Soutine e Vuillard, accanto agli americani Arthur Dove e Georgia O’Keeffe, che Phillips comincia a collezionare dopo l’incontro con Stieglitz, primo gallerista americano ad esporre artisti contemporanei europei a New York.

    6 Kandinsky Autumn II

    Scoprire le opere fondamentali di grandi artisti americani ed europei del secondo dopoguerra come De Staël, Diebenkorn, Gottlieb, Guston e Rothko sarà per il visitatore un'esperienza intensa e sorprendente.

    La Phillips Collection è sostanzialmente diversa da altre istituzioni nate tra le due guerre poiché il suo fondatore, molto interessato al rapporto tra l'arte del passato e del presente, intendeva sostenere giovani artisti di vari orientamenti estetici e acquistò le opere giudicandone il merito, non perché illustravano scuole di pensiero, o erano alla moda o per il nome dei loro autori. Nel 1954, rivolgendosi alle nuove generazioni, Phillips scrisse: "Nelle nostre sale si mescolano epoche e nazionalità diverse, dipinti antichi e moderni che, accostati, acquistano senso e rilevanza in nuovi contesti, per contrasto o per analogia".

    4 Cezanne Mont Sainte-Victoire

     La mostra riunisce le opere dei più grandi maestri moderni e dimostra "che l'arte è un linguaggio universale", destinato a essere condiviso e apprezzato dal pubblico di tutto il mondo.

     

    Duncan Phillips e la Phillips Collection: un museo intimo e raccolto come centrodi sperimentazione per l’arte moderna

    Susan  Behrends Frank


    Nel 1918, Duncan Phillips (1886-1966) ebbe l’idea di creare un nuovo museo a Washington, DC, la capitale degli Stati Uniti, dove i visitatori avrebbero avuto l’opportunità di conoscere l’arte del nuovo secolo accanto ai capolavori piu noti del periodo precedente. Nasceva così un “museo dell’arte moderna e delle sue fonti”, come lo definì lo stesso Phillips. Aperta al pubblico alla fine del 1921, la Phillips Memorial Gallery e il primo museo d’arte moderna in America. Figlio della cosiddetta “era progressista” statunitense (1900-1914) e cresciuto nel clima intellettuale della New York anteguerra, Phillips era un umanista che pensava di poter contribuire al benessere della società e della comunità attraverso l’arte e l’educazione artistica. Nato in una famiglia benestante di Pittsburgh, era il secondo figlio (omonimo) di un produttore di vetro e di sua moglie, una delle eredi della Jones and Laughlin Steel Company. La famiglia si trasferì a Washington nel 1897, quando Phillips aveva undici anni, e andò a vivere nella villa in stile georgiano costruita apposta per loro a Dupont Circle, in un quartiere a nord-ovest. Il giovane crebbe cosi nella capitale e, diventato adulto, ebbe facile accesso all’élite politica e sociale della città. Dopo la laurea all’Università di Yale nel 1908, Phillips si preparò alla carriera di critico d’arte a New York, dove, insieme al fratello maggiore James, iniziò a visitare musei e gallerie, ad acquistare dipinti per puro diletto, e a consigliare i genitori sulle acquisizioni di arte americana. All’inizio del 1918, in una lettera indirizzata a un nuovo amico, l’anziano pittore Julian Alden Weir, Phillips parlò della sua intenzione di istituire un piccolo museo nella capitale, dedicato all’“arte dei nostri uomini migliori […] sempre aperto ai cittadini di Washington e agli stranieri che vivono tra noi, per farne poi dono alla citta o alla nazione”. Dopo la morte improvvisa del fratello, verso la fine del 1918 Phillips torno a Washington su insistenza della madre rimasta da poco vedova. Tornato nella capitale nel pieno dei festeggiamenti nazionali per la fine della Grande guerra, Phillips convogliò il dolore per la morte del padre e del fratello nella riorganizzazione della collezione di famiglia, e decise di creare una galleria d’arte come monumento vivente ai suoi cari, trasformando la passione della sua famiglia per il collezionismo – in particolare di opere americane – in un progetto molto piu ambizioso: un museo privato dedicato all’arte moderna e al lavoro di artisti viventi in ogni parte del mondo. Da uomo del suo tempo, Phillips condivideva con i connazionali la fiducia nell’individuo e nel suo potere di plasmare lo stile di vita del proprio paese. Il museo che portava il suo nome era il risultato del preciso impegno a diventare una “forza benefica per la comunità in cui vivo”, perché secondo Duncan Phillips “l’arte ha una funzione sociale nel mondo”. La coraggiosa iniziativa di Phillips può essere compresa solo se esaminata nel contesto dell’epoca. Nel 1918, il giovane collezionista e direttore del nascente museo non poteva avvalersi di storie dell’arte moderna che lo guidassero nella scelta degli artisti e delle opere. Dal canto loro i musei americani si mostravano generalmente assai poco audaci, rimanendo per lo piu ancorati alla pittura figurativa e scarsamente inclini ad abbracciare l’arte europea e americana che flirtava con le avanguardie. Fino al 1929, anno dell’inaugurazione del Museum of Modern Art di New York, il fulcro del commercio dell’arte americana non aveva alcuna istituzione dedicata alla modernità e alle opere di artisti viventi. Dopo la Prima guerra mondiale, Washington si era dimostrata ancora piu conservatrice di New York. In mancanza di un museo nazionale (la National Gallery of Art apri i battenti nel 1941), nel 1918 la capitale aveva solo due musei: la Corcoran Gallery of Art e l’attuale Smithsonian American Art Museum, entrambi fortemente orientati all’arte figurativa e contrari tanto all’astrattismo quanto all’arte americana influenzata dalle avanguardie europee. Cosi, per realizzare il lavoro della sua vita Phillips scelse un territorio che alla fine del 1918 era ancora largamente inesplorato. Quando la Phillips Memorial Art Gallery apri al pubblico nel 1921 – in una galleria illuminata da un lucernario, aggiunta di recente alla casa di famiglia a Dupont Circle – Phillips aveva accumulato quasi trecento dipinti di maestri europei e artisti americani contemporanei. Quando mori, la collezione contava quasi duemila opere. Oggi, a quasi cinquant’anni dalla morte avvenuta nel 1966, la Phillips Collection comprende oltre tremila opere.
    (Segue nel catalogo)

    Classico e moderno: sullo sguardo di Duncan Phillips

    Claudio Zambianchi

    Fu alla fine degli anni dieci, dopo la morte del padre (1917) e del fratello (1918), che Duncan Phillips decise di trasformare la raccolta di famiglia in un museo pubblico, il primo negli Stati Uniti a concentrarsi sul lavoro dei contemporanei: la Phillips Memorial Gallery (oggi Phillips Collection) apri i battenti nel 1921 a Washington(il Museum of Modern Art a New York otto anni dopo). Il deus ex machina era un giovane intellettuale laureatosi a Yale nel 1908, conoscitore di letteratura e arte, interessato prevalentemente alla pittura americana e di gusti conservativi: nel 1913 aveva giudicato con asprezza l’Armory Show (la mostra che aveva introdotto il pubblico statunitense all’arte moderna europea) e in particolare Henri Matisse2. Poi le cose cambiarono e oggi la Phillips possiede, ad esempio, due opere importanti di Matisse: L’interno con la tenda egiziana (1948), esposto a Roma, e uno dei capolavori tardi dell’artista. La rivoluzione copernicana nello sguardo di Phillips avviene nella prima metà degli anni venti e si consolida a meta decennio. Il matrimonio (1921) con la pittrice Marjorie Acker e l’amicizia con altri artisti americani moderni; la lettura dei testi dei due maggiori sostenitori inglesi dell’arte moderna, Roger Fry e Clive Bell; e, per ciò che attiene all’arte americana, il rapporto iniziato nel 1926 con il fotografo e gallerista Alfred Stieglitz: questi i fattori principali del cambiamento di prospettiva.

    Phillips non e solo un collezionista, ma anche un critico attivo con continuità per oltre cinquant’anni: la sua raccolta e costruita quindi con consapevolezza e, benché la mostra al Palazzo delle Esposizioni ne proponga solo una minima parte, e comunque possibile porsi alcune domande su quale storia dell’arte moderna volesse raccontare Phillips mediante le sue scelte, quali fossero i valori di riferimento, come il suo gusto si fosse mosso nel tempo e progressivamente aperto al contemporaneo. Tre dipinti presenti in mostra (Tre avvocati, 1855-1857, di Honoré Daumier; La pigiatura dell’uva, circa 1865,di Pierre Puvis de Chavannes e La strada per Vétheuil, 1879, di Claude Monet), acquistati fra il 1918-1919 e il 1920, danno un’idea di quali Phillips considerasse allora le fonti dell’arte moderna. Nel primo, Daumier (cui Phillips nel 1922 dedicò il secondo libro monografico edito dalla collezione) fa la caricatura di tre principi del foro, con un calore politico che si fa ancora più esplicito in La rivolta (L’Émeute, 1848 o dopo; acquisito nel 1925), capolavoro del realismo francese. Il quadro è dedicato ai moti di piazza che rovesciarono la monarchia di Luigi Filippo nel 1848, lo stesso anno in cui Daumier proclamava la necessità di “essere del proprio tempo”, in assonanza con l’esigenza di una “pittura della vita moderna” richiamata in occasione del Salon del 1846 da Charles Baudelaire. Puvis è invece il raffinato interprete di un linguaggio classico e senza tempo, colto e nobile, agli antipodi non solo della volgarità con cui la pratica accademica era declinata da tanti suoi contemporanei di successo, ma anche dell’idea baudelairiana di un bello basato non su regole astratte e in temporali, ma su “l’epoca, la moda, la morale e la passione”. Per questo Puvis, verso la metà degli anni ottanta, sarà un modello per i giovani simbolisti in cerca di vie d’uscita da un impressionismo inteso come mera trascrizione della sensazione luminosa provata di fronte alla realtà. La strada per Vétheuil (1879), infine, e il quadro felice di un Monet ancora pienamente impressionista, ma con l’occhio già rivolto a luoghi non toccati dalla modernità, lontani da Parigi e dai suoi sobborghi. Il gusto di Phillips e aperto, ma ancora conservatore, come conferma l’acquisto (avvenuto nel 1923 a Parigi) della Colazione deicanottieri (1880-1881) (fig. 1) di Pierre-Auguste Renoir (non presente in mostra), cosi celebre da costituire il biglietto da visita del museo. Preferenze analoghe manifesta la scelta di opere ottocentesche acquisite negli anni venti (e qui presenti): sono realisti i due paesaggi degli anni cinquanta di Gustave Courbet e sono impressionisti Neve a Louveciennes (1874) di Alfred Sisley e le Due ragazze (circa 1894) di Berthe Morisot. Di Edouard Manet Phillips nel 1928 compra il Balletto spagnolo (1862), dedicato alla compagnia di Mariano Camprubi, ammirata anche da Baudelaire che alla prima ballerina, Lola Melea (Lola de Valence) aveva dedicato una poesia (Manet la rappresento in piedi nel celebre ritratto del Musee d’Orsay di Parigi) . Il dipinto e spagnolesco non solo nel soggetto, ma anche nella composizione e nella libertà del tocco pittorico: le figure sono disperse, isolate, ispirate in questo ai cosiddetti Piccoli cavalieri, opera allora ritenuta di Diego Velázquez (oggi attribuita alla scuola), mentre le figure appena accennate sullo sfondo si ispirano alle incisioni della Tauromachia di Goya5. Simbolista e Mistero (circa 1910), di Odilon Redon, attorno al quale nel 1926 Phillips costruisce una mostra, Exhibition of Paintings by Eleven Americansand an Important Work by Odilon Redon, in cui sono presenti opere di Arthur G. Dove e Georgia O’Keeffe, da lui recentemente acquistate presso Stieglitz. Di radice simbolista sono anche le opere di Edouard Vuillard e Pierre Bonnard, quest’ultimo prediletto da Phillips – che inizia ad acquistarne le opere nel 1925 – e del quale la collezione conserva il nucleo più numeroso negli Stati Uniti. Entrambi appartenuti al gruppo dei Nabis, costituitosi nel 1888 sulla base degli insegnamenti di Paul Gauguin, Vuillard e Bonnard scelgono temi di vita quotidiana, impaginandoli tuttavia secondo un’intenzione decorativa che valorizza la piattezza della superficie pittorica, assunta come il problema formale a cui, di volta in volta, offrire una soluzione.
    (Segue nel catalogo)

    7 PIcasso The Bullfight low

    INFORMAZIONI

    Titolo: Impressionisti e Moderni. Capolavori dalla Phillips Collection di Washington

    Sede: Palazzo delle Esposizioni, via Nazionale 194 - Roma

    Periodo: 16 ottobre 2015 – 14 febbraio 2016

    Promossa da: Roma Capitale‐Assessorato alla Cultura e allo Sport e Azienda Speciale Palaexpo

    Organizzata da: The Phillips Collection, Washington in collaborazione con Azienda Speciale Palaexpo; con il contributo di: Camera di Commercio Roma

    A cura di: Susan Behrends Frank

     

    Orari: domenica, martedì, mercoledì e giovedì: dalle 10.00 alle 20.00;

    venerdì e sabato: dalle 10.00 alle 22.30; lunedì chiuso

    Informazioni e prenotazioni: singoli, gruppi e laboratori d’arte tel. 06 39967500; www.palazzoesposizioni.it

    Costo del biglietto: intero € 12,50; ridotto € 10.00. Permette di visitare tutte le mostre in corso al Palazzo delle Esposizioni.

    Catalogo: Silvana Editoriale

     

    Ufficio Stampa

    AZIENDA SPECIALE PALAEXPO

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