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  • 20 Novembre 2015 | Gallery

    Una dolce vita? Dal Liberty al design italiano. 1900-1940

      Palazzo delle Esposizioni, Roma

    Apre dal 16 ottobre al Palazzo delle Esposizioni la mostra “Una dolce vita? Dal Liberty al design italiano. 1900-1940” organizzata dall'Azienda Speciale Palaexpo in collaborazione con il Musée d'Orsay di Parigi e curata da Guy Cogeval e Beatrice Avanzi con Maria Paola Maino e Irene de Guttry.

     

    001Nell'Italia di inizio Novecento, le arti decorative, già eredi di un'importante tradizione artigianale e artistica, si fanno interpreti del desiderio di progresso di una Nazione che ha da poco conosciuto l'unità. Ebanisti, ceramisti e maestri vetrai lavorano spesso in collaborazione con i maggiori artisti del tempo, dando vita a un vero e proprio "stile italiano" destinato a influenzare la nascita stessa del design moderno. Si tratta di un periodo di "ottimismo paradossale", di intensa creatività con, sullo sfondo, una società in profonda trasformazione, alimentata all'inizio dalle speranze del governo Giolitti, ma presto costretta a subire il trauma della Prima guerra mondiale e il tragico esito del regime mussoliniano.

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    Per esplorare un simile contesto, la mostra procede attraverso un percorso cronologico composto da più di cento opere e basato su un dialogo continuo tra arti decorative e arti plastiche.

    L'inizio del Novecento è caratterizzato dall'affermazione dell'Art Nouveau, noto in Italia come "stile Liberty" o "floreale".  A partire dall'Esposizione Internazionale delle Arti Decorative di Torino nel 1902, lo stile Liberty acquista via via una particolare originalità nelle opere di artisti come Carlo Bugatti, Galileo Chini, Eugenio Quarti, Ernesto Basile, Carlo Zen. La loro propensione per le linee curve ispirate alle forme della natura, con accenti talvolta esotici, si ricollega all'opera dei pittori divisionisti, vicini alle tendenze simboliste diffuse in tutta Europa e rappresentate in mostra da importanti quadri di Previati, Morbelli, Pellizza da Volpedo.

    Al gusto Liberty, divenuto lo stile dominante della nuova classe borghese, si opporrà con la sua volontà "antipassatista" il Futurismo. Questo movimento d'avanguardia, nato nel 1909 dalla mente di Tommaso Marinetti, si estenderà tuttavia alla arti decorative solo dopo la Prima guerra mondiale, durante il cosiddetto "Secondo Futurismo".

    Nel 1915, Giacomo Balla e Fortunato Depero firmano un manifesto intitolato "Ricostruzione futurista dell'universo", in cui si annuncia l'intento di estendere l'estetica futurista a tutti gli aspetti dell'arte e della vita. Questi due artisti, che dichiarano di voler ricostruire l'universo "rallegrandolo", daranno vita a numerosi oggetti di arte decorativa e di uso quotidiano, dai mobili ai vestiti, dagli arazzi ai giocattoli.

     Durante gli anni del "Ritorno all'ordine" - che seguono, in tutta Europa, la stagione delle avanguardie - il recupero della cultura classica assume in Italia diverse declinazioni nell'ambito delle arti plastiche e decorative. Tra le versioni più interessanti ricordiamo la Metafisica di De Chirico e di Savinio, e il Realismo magico il cui maggiore rappresentante fu Felice Casorati.

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    In maniera analoga, una visione incantata, sospesa tra ispirazione classica e gusto déco, caratterizza le ceramiche di Gio Ponti, o ancora le prime creazioni in vetro di Carlo Scarpa. Per quanto riguarda la produzione architettonica e l'arredo, lo stile monumentale di Giovanni Muzio e Piero Portaluppi coincide con il ritorno al classicismo celebrato dal "Novecento", il movimento sostenuto da Margherita Sarfatti e destinato a diventare il mezzo di espressione ufficiale del regime fascista. Negli stessi anni, il regime seppe tuttavia aprirsi agli esperimenti modernisti di artisti quali Giuseppe Terragni e Mario Radice (gli autori della famosa Casa del Fascio di Como), a cui si avvicinano le opere astratte di Fontana, Melotti o ancora Licini.

    Infine, nel campo delle arti applicate, lo stile razionalista - conformemente alle tendenze europee artisti come Albini, Baldessari, Figini e Pollini, segnano il passaggio verso la produzione industriale e il design nella sua accezione moderna.

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    Una spensierata corsa verso l’abisso
    Guy Cogeval, presidente dei musees d’Orsay et de l’Orangerie e curatore della mostra

    Trionfa la gioia di vivere nelle arti decorative italiane dell’inizio del XX secolo, si tratti dei raffinati mobili intarsiati di madreperla di Eugenio Quarti (ill. 27-30), dei vasi a murrine policrome di Barovier, dei fantasiosi teatrini di Fortunato Depero, delle sorprendenti sedie rosso fuoco di Marcello Piacentini o delle creazioni dall’elegante ironia di Franco Albini. Questa “spensieratezza” ci sembra oggi in flagrante contraddizione con il contesto storico in cui si dispiega, uno dei più drammatici della nostra storia recente. Il che porta la nostra coscienza critica a interrogarsi ancora una volta su una questione ampiamente dibattuta e molto controversa: la questione dell’arte, e più specificamente della liberta dell’espressione artistica sotto un regime dittatoriale. Come intende illustrare questa mostra, nel Ventennio fascista le arti decorative sono state l’unico ambito in cui e sopravvissuto un autentico e reale libero arbitrio. A partire dal periodo Liberty, esse diventano una straordinaria fucina creativa, un laboratorio le cui sperimentazioni non hanno eguali prima del 1900. Le forme del futuro nascono in questo periodo. Nel 1902 Carlo Bugatti, in anticipo sui tempi, presenta all’Esposizione internazionale d’arte decorativa moderna di Torino la sua famosa “Sala della chiocciola”. Nel 1910 Giacomo Puccini inventa il primo musical western, La fanciulla del West, che andrà in scena alla Metropolitan Opera, e Adolfo Wildt scolpisce volti che stranamente presagiscono gli extraterrestri del cinema americano dei giorni nostri. Una creatività di tale ricchezza e liberta si spiega con il laissez faire con cui Mussolini, il futuro duce, ha gestito gli affari culturali dopo la sua ascesa al potere nel 1922: un non-interventismo cui sarebbe seguita una ripresa del controllo negli anni trenta. Mediamente colto e poco interessato alla vita artistica del paese, nei primi anni venti Mussolini aveva affidato la responsabilità delle arti figurative a Margherita Sarfatti, la giornalista ebrea di cui era l’amante e che aveva accettato entusiasticamente di essere la sua educatrice, il suo mentore culturale. Margherita Sarfatti cadde nell’ombra quando il duce, dopo aver sposato con nozze religiose Donna Rachele, assunse un comportamento irreprensibile.
    (segue)

    Le straordinarie avventure delle arti decorative italiane
    Irene de Guttry, Maria Paola Maino

    Il dolce stil novo

    “La luce entrava temperata dalle tende di broccatello rosso a melagrane d’argento riccio, a foglie e a motti. Come il sole pomeridiano feriva i vetri, la trama fiorita delle tendine di pizzo si disegnava sul tappeto.”
    (Gabriele d’Annunzio, Il Piacere)

    E’ il 1888. D’Annunzio a Roma sta scrivendo il suo primo romanzo, un’opera di rottura rispetto alla letteratura verista in cui descrive personaggi della nobiltà, il decadentismo e la crisi dei valori dell’età umbertina. A Londra, con grandissimo successo, sotto il patronato del re Umberto di Savoia, si inaugura “The Italian Exhibition”, “la collezione più bella e più variata di pitture e sculture”. Alla mostra curata da Vittore Grubicy, figura centrale nel panorama artistico milanese, mercante dei pittori divisionisti suoi contemporanei e pittore lui stesso, partecipa anche Carlo Bugatti, il quale espone i suoi mobili definiti quaint furniture, ovvero mobili bizzarri. Viene premiato con diploma di prima classe e ottiene un notevole successo come dimostrano i numerosi articoli anche illustrati, usciti sulla stampa locale. Due anni prima aveva arredato la casa nel cantone di Grigioni, dove si erano trasferiti sua sorella Bice e Giovanni Segantini. Il suo stile, interpretazione moderna dell’orientalismo, e ormai consolidato: grandi scudi in metallo martellato, legno ebanizzato, gambe a sciabola, superfici piane foderate di pergamena dipinta a giapponesizzanti tralci di fiori e foglie, lunghe frange in seta cruda, intarsi in avorio, osso e fili metallici. Uno stile tanto originale e tanto riconoscibile da venir subito imitato. Sempre nel 1888, a Parigi, il mercante Siegfried Bing edita il primo numero della rivista “Japon artistique”: l’esotismo furoreggia. A Londra Whistler ha già decorato la Peacock Room e l’Aesthetic movement, promosso da Oscar Wilde, e all’avanguardia del gusto. Bugatti si inserisce in questo clima e se ne impadronisce con impeto selvaggio. Grubicy nel 1891 commenta una stanza da lui eseguita per un aristocratico inglese: “un ambiente […] che trasporta l’animo di chi vi si trova in una regione fantastica di sogni e di pensieri mai prima d’ora sentiti”. Dieci  anni dopo la sua produzione subisce una stupefacente trasformazione: come notano i suoi contemporanei egli passa da “una prima maniera a una seconda maniera”. E un’estrema interpretazione dell’Art Nouveau internazionale. La pergamena avviluppa completamente i mobili che, modellati come fossero sculture, assumono forme fluide, fantastiche e zoomorfe. Bugatti non sembra tenere in alcun conto la funzionalità, la fantasia prende il sopravvento. Sul bianco della pergamena si stagliano rappresentazioni stilizzate di fiori e di insetti e bordure a minuti motivi geometrici.
    (segue)

     

    INFORMAZIONI

    Titolo: Una dolce vita? Dal Liberty al design italiano. 1900-1940

    Sede: Palazzo delle Esposizioni, via Nazionale 194 – Roma

    Periodo: 16 ottobre 2015 – 17 gennaio 2016

    Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica

    A cura di: Guy Cogeval e Beatrice Avanzi con Maria Paola Maino e Irene de Guttry

    Promossa da: Roma Capitale‐Assessorato alla Cultura e Turismo; Azienda Speciale Palaexpo; Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo

    Prodotta e organizzata da: Azienda Speciale Palaexpo in collaborazione con il Musée d'Orsay, Parigi

    Orari: domenica, martedì, mercoledì e giovedì: dalle 10.00 alle 20.00;

    venerdì e sabato: dalle 10.00 alle 22.30;lunedì chiuso

    Informazioni e prenotazioni: singoli, gruppi e laboratori d’arte tel. 06 39967500; www.palazzoesposizioni.it

    Costo del biglietto: intero € 12,50; ridotto € 10.00. Permette di visitare tutte le mostre in corso al Palazzo delle Esposizioni.

    Catalogo: Skira

     

    AZIENDA SPECIALE PALAEXPO

    Piergiorgio Paris | T. +39 06 48941206 | Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

    Segreteria - Dario Santarsiero | T. +39 06 48941205 | Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.