La figura di Maurice Ravel rimane in posizione laterale nel contesto della musica moderna, ma c’è da chiedersi se l’arte del nostro secolo più che ogni altra epoca non si appoggi proprio alle esperienze marginali per acquisire l’indispensabile profondità di prospettiva tracciata a partire dai punti estremi.
Dalla funzionalità in cui la pratica musicale religiosa si presentava nel Medio Evo (canto gregoriano), dall’organicità solenne e principesca in cui nel Rinascimento si presentava la polifonia sacra, nei decenni del Barocco la musica di chiesa integrò la componente emozionale ed affettiva derivata dal canto solistico.
Rispetto alla prorompente presenza di Liszt e di Wagner nel panorama musicale romantico dell’Ottocento, Brahms si rivela figura altrettanto programmatica incarnandone il rovescio della medaglia.
Tipico esempio di carriera direttoriale americana debitrice dell’immancabile colpo di fortuna – nel 1943 il suo nome appariva su tutti i giornali per aver sostituito Bruno Walter (colpito da malore) alla testa della Philarmonic Symphony di Nuova York, l’orchestra di cui sarebbe in seguito diventato maestro stabile – Leonard Bernstein tradisce più di ogni altro la propria provenienza culturale anche e soprattutto nella composizione.
Quanta musica religiosa venisse prodotta dagli operisti italiani dell’Ottocento all’ombra del grande, esclusivistico e frondoso tronco melodrammatico diventa sempre più evidente di fronte all’estesa pratica delle riesumazioni.
Tra i compositori che collaborarono con Brecht all’allestimento dei suoi capolavori, al primo prevalentemente, a Kurt Weill, si riconoscono importanti meriti creativi. Personalità quali Paul Dessau e Hanns Eisler, autori tra l’altro delle musiche dei drammi brechtiani più maturi, sono meno noti e con tutti i loro meriti per lo più considerati all’ombra del genio del grande drammaturgo come fedeli esecutori.
Quando l’Idomeneo nel carnevale del 1781 fu rappresentato a Monaco nel teatro di corte, stando alle cronache trasmesse dalla stampa locale, non sembra essere stata la musica di Mozart a produrre la sensazione maggiore se un giornale si limitava ad annunciare che librettista e compositore vivevano a Salisburgo; mentre un altro si occupava della cornice, aggiungendo che “le scene, di cui le più ispirate sono quelle del porto e del tempio di Nettuno, sono capolavori del nostro architetto teatrale Lorenzo Quaglio, da tutti ammirate”.
Ogniqualvolta capiti di affrontare un autore che abbia subito la ‘sfortuna’ di nascere in un cosiddetto periodo di transizione, la tentazione è quella di liquidare il discorso rilevando la presenza di costanti ereditate da stili precedenti oppure anticipazioni di maniere posteriori.
In che misura una disciplina artistica può essere debitrice di un’altra per quanto riguarda l’intuizione di un nuovo traguardo estetico è dimostrato dai rapporti in ambito espressionistico tra la musica di Schönberg e la pittura di Kandinsky,
Les Troqueurs, opera buffa in un atto di Antoine d’Auvergne (1713-1797), furono rappresentati per la prima volta alla Foire Saint-Laurent nel luglio del 1753,